Foodora, respinto il ricorso dei fattorini licenziati. “Non sono dipendenti ma autonomi”

di redazione Blitz
Pubblicato il 12 Aprile 2018 - 09:11 OLTRE 6 MESI FA
Respinto il ricorso dei lavoratori di Foodora

Foodora, respinto il ricorso dei fattorini licenziati. “Non sono dipendenti ma autonomi” (Foto Ansa)

TORINO – Respinto il ricorso di Foodora: i rider non sono dipendenti ma lavoratori autonomi, e quindi non hanno diritto alle tutele dovute ai lavoratori dipendenti.

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Lo ha stabilito il Tribunale del lavoro di Torino, respingendo il ricorso di sei fattorini allontanati dall’azienda tedesca di food delivery dopo le proteste per le condizioni di lavoro e la paga troppo bassa nel 2016.

Il tribunale, spiega La Repubblica, ha ritenuto che i rider sono collaboratori autonomi non legati da un rapporto di lavoro subordinato con l’azienda, e quindi il ricorso non sussite. “Siamo soddisfatti – ha dichiarato l’avvocato della società, Giovanni Realmonte – ora aspettiamo di leggere le motivazioni del giudice”.

Ben diverso il tenore del commento dell’avvocato Sergio Bonetto, legale dei ricorrenti: “Purtroppo oggi non è stata fatta giustizia, questo è il nostro Paese. Quello che colpisce di più è che un’azienda può mandare chiunque a lasciare pacchi senza alcuna tutela”. E la collega Giulia Druetta aggiunge: “Forse per cambiare le cose deve scapparci il morto”. Gli avvocati sono pronti a ricorrere in appello.

Spiega La Repubblica: 

Decine di rider hanno affollato l’aula in cui si è celebrato il primo processo in Italia contro Foodora, il colosso tedesco  delle consegne di cibo a domicilio. Ad appoggiare la battaglia legale intentata da sei fattorini tanti colleghi anche di altre società concorrenti e alle prese con i problemi della cosiddetta “gig economy”, l’economia dei lavoretti a chiamata che per molti diventa un lavoro non dissimile da uno subordinato, per quanto precario.Proprio su questo punto avevano fatto leva durante il dibattimento gli avvocati Sergio Bonetto e Giulia Druetta, evidenziando condizioni di lavoro “con contratti privi di tutela, sotto ricatto e al di fuori dalle regole previste da qualunque attività lavorativa”.

“I fattorini Foodora erano sottoposti a un continuo controllo – sottolinea il loro avvocato – ogni loro movimento era tracciato, come se avessero un braccialetto elettronico. Un vero e proprio rapporto di lavoro subordinato, nonostante fossero inquadrati come collaboratori autonomi. A Foodora non importava delle condizioni del lavoratore vi era una costante pressione psicologica sui rider, finalizzata al mantenimento del posto di lavoro”.

 

Si difende l’azienda: “Foodora non ha violato la privacy dei rider. L’applicazione utilizzata sullo smartphone poteva accedere, attraverso il gps, soltanto al dato sulla geolocalizzazione, istantaneo e non memorizzato”.