Ginocchiata durante una partita di calcio: giocatore condannato

di redazione Blitz
Pubblicato il 26 Settembre 2017 - 07:10 OLTRE 6 MESI FA
Ginocchiata durante una partita di calcio: giocatore condannato

Ginocchiata durante una partita di calcio: giocatore condannato

ROMA – Ginocchiata durante una partita di calcio: condannato giocatore. La quinta Sezione penale della Cassazione ha confermato la condanna di un calciatore siciliano, Giovan Battista Sansica, a 600 euro di multa per aver colpito 9 anni fa con una ginocchiata un altro giocatore, Giuseppe Cottone, durante una partita di calcio a Marsala.

La Suprema Corte nella sentenza n. 33275 del 7 luglio 2017 ha ritenuto applicabile in questo caso il reato di lesioni colpose perché il fallo di gioco aveva procurato al giocatore avversario lesioni personali all’emicostato destro, giudicate guaribili in sei giorni.

Di seguito pubblichiamo il testo della sentenza. 

Sul ricorso proposto da:
SANSICA GIOVAN BATTISTA nato il 05/06/1983 a MARSALA
avverso la sentenza del 17/09/2015 del TRIBUNALE di MARSALA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 28/03/2017, la relazione svolta dal Consigliere GIUSEPPE RICCARDI;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale PAOLA FILIPPI, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso;
udito il difensore, Avv. Diego Tranchida, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 17/09/2015 il Tribunale di Marsala confermava la sentenza del Giudice di Pace di Marsala del 08/05/2014, che aveva condannato Sansica Giovan Battista alla pena di C 600,00 di multa per il reato cui all’art. 582 cod. pen., per aver cagionato a Cottone Giuseppe lesioni personali all’emicostato destro, giudicate guaribili in sei giorni, colpendolo con una ginocchiata in occasione di un incontro di calcio; in Marsala, il 15/03/2008.
2. Avverso tale provvedimento ricorre per cassazione il difensore di Sansica Giovan Battista, deducendo i seguenti motivi di ricorso, qui enunciati, ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen., nei limiti strettamente necessari per la motivazione.
2.1. Violazione di legge e vizio di motivazione: censura l’omesso riconoscimento della scriminante dello svolgimento di un’attività sportiva, contestando la valutazione probatoria delle dichiarazioni dell’arbitro, che avrebbe riferito di una reazione ad un normale contrasto di gioco; deduce trattarsi di un mero ‘fallo di reazione’, poiché la partita era ancora in corso, non era stata sospesa, e l’azione lesiva ha riguardato l’arto utilizzato per il gioco del calcio.
2.2. Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al mancato riconoscimento del reato di lesioni colpose: deduce che essendo il fatto avvenuto nella foga agonistica, in una situazione di stanchezza fisica e scarsa lucidità mentale, non sarebbe provata la rappresentazione e volontà della possibilità della verificazione di gravi eventi lesivi del tipo di quello in concreto verificatosi, potendo, al contrario, ricorrere la colpa.
2.3. Vizio di motivazione in ordine al diniego delle attenuanti generiche.
2.4. Violazione di legge per omessa declaratoria di estinzione del reato per prescrizione, il cui termine sarebbe decorso il 17/09/2015.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile, non soltanto perché ripropone i medesimi motivi proposti con l’atto di appello, e motivatamente respinti dalla Corte territoriale, senza alcun confronto argomentativo con la sentenza impugnata (ex plurimis, Sez. 3, Sentenza n. 31939 del 16/04/2015, Falasca Zamponi, Rv. 264185; Sez. 6, n. 13449 del 12/02/2014, Kasem, rv. 259456), ma anche perché propone motivi diversi da quelli consentiti dalla legge (art. 606, comma 3, cod. proc. pen.), risolvendosi in doglianze eminentemente di fatto, riservate al merito della decisione.
(…)
2. Il terzo motivo è manifestamente infondato.
Premesso che nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo tutti gli altri disattesi o superati da tale valutazione (Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014, Lule, Rv. 259899), la sentenza impugnata appare immune da censure, avendo negato il riconoscimento delle attenuanti generiche, con apprezzamento di fatto insindacabile in sede di legittimità, sul rilievo della particolare ed ingiustificata violenza della condotta, tenuta “a gioco fermo”, oltretutto dopo un fallo di gioco dello stesso imputato, e posta in essere con tale intensità lesiva, da essere del tutto eccentrica rispetto ad un contesto di tipo sportivo.
3. Il quarto motivo è manifestamente infondato, in quanto il termine massimo di prescrizione sarebbe decorso, tenuto conto della sospensione per la durata di un anno e 18 giorni, il 03/10/2016, successivamente alla pronuncia della sentenza di appello impugnata.
Al riguardo, l’inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 cod. proc. pen. (Sez. U, n. 32 del 22/11/2000, D. L, Rv. 217266).
4. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna al pagamento delle spese processuali e la corresponsione di una somma di denaro in favore della cassa delle ammende, somma che si ritiene equo determinare in Euro 2.000,00: infatti, l’art. 616 cod. proc. pen. non distingue tra le varie cause di inammissibilità, con la conseguenza che la condanna al pagamento della sanzione pecuniaria in esso prevista deve essere inflitta sia nel caso di inammissibilità dichiarata ex art. 606 cod. proc. pen., comma 3, sia nelle ipotesi di inammissibilità pronunciata ex art. 591 cod. proc. pen. .

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di C 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma il 28/03/2017