I giudici d’appello: “Calvi non si ammazzò, fu ucciso”

Pubblicato il 15 Luglio 2010 - 17:15 OLTRE 6 MESI FA

Roberto Calvi

“Roberto Calvi è stato ammazzato, non si è ucciso”, parola della Corte d’assise d’appello di Roma sul delitto dell’ex presidente del Banco Ambrosiano. Si legge nelle motivazioni della sentenza con la quale, il 7 maggio scorso, sono state confermate le assoluzioni dell’imprenditore Flavio Carboni, arrestato l’8 luglio scorso nell’ambito dell’inchiesta eolico, Pippo Calò ed Ernesto Diotallevi per l’omicidio del banchiere , trovato impiccato il 18 giugno 1982 sotto il ponte londinese dei ‘Frati Neri’.

Il 6 giugno 2007 la seconda Corte d’assise di Roma, presieduta da Mario Lucio d’Andria, aveva emesso una sentenza di totale assoluzione per tutti gli imputati per il processo Calvi per insufficienza di prove. Tra i mandanti dell’omicidio Calvi figura nel secondo filone dell’inchiesta romana anche Licio Gelli.

Nel maggio scorso, dopo la conferma in secondo grado dell’assoluzione, Flavio Carboni aveva commentato: “E’ stato un errore giudiziario. Sono più che mai convinto che Roberto Calvi si sia suicidato”.

“Dopo 28 anni non ci si abitua a sentirsi vomitare addosso accuse orrende”. Secondo Carboni non bisogna cercare altrove i responsabili, ma “bisogna cercare la verità dai familiari, probabilmente, anche se affermano il contrario. Ora che hanno riscosso l’assicurazione, potrebbero finalmente dire non tutte quelle ‘frescacce che hanno detto’. Il povero Calvi – conclude – non parlava neanche con la figliola a quel tempo”.

Ci sono molti moventi e interessi per la morte di Roberto Calvi. Anche questo sottolineano i giudici d’appello. ”Troppi sono i moventi alternativi ipotizzabili – si legge nella sentenza – e troppi i soggetti e le organizzazioni che avrebbero avuto interesse all’eliminazione di Calvi: dalla mafia, alla camorra, alla P2, allo Ior e ai politici italiani (beneficiari delle tangenti o interessati a cambiare l’assetto del Banco Ambrosiano o a mutare gli equilibri di potere all’interno del Vaticano)”.

E, in questo ambito di ipotesi, ”possono anche comprendersi i Servizi segreti inglesi, essendosi acclarato che Calvi aveva, tra l’altro, finanziato l’invio di armi ai dittatori argentini nel periodo in cui era in atto il conflitto bellico per le isole Falkland. E così anche i Servizi segreti italiani, che hanno mostrato (avvalendosi pure del loro ambiguo collaboratore Pazienza) di essere sempre informati di tutto e di aver seguito sino all’ultimo le mosse di Carboni e Calvi”.

C”è un però’: ”nessuno ha assistito ai fatti” scrivono i giudici e i collaboratori ”hanno portato delle informazioni che hanno riferito di aver appreso”. Poi, i riferimenti specifici alla posizione dei tre imputati assolti. Uno di questi e’ Flavio Carboni. Nei confronti di Carboni, secondo i giudici, non c’e’ dubbio gravino indizi consistenti: ”E’ la persona che, nell’ultimo periodo di vita di Calvi, ha conseguito un rapporto privilegiato con la vittima” ed era presente ”la stessa sera del 17 giugno 1982 nel medesimo albergo londinese”. Nonostante ciò, pero’, ”la pluralita’ di moventi alternativi non pare concentrarne uno piu’ specifico su Carboni” che aveva ”interessi in sintonia col mantenimento in vita del banchiere”. Fu lo stesso Carboni nel 2005 ad affermare che aveva ”maggior interesse a che Calvi rimanesse in vita” e lo fece proprio durante il processo che lo vedeva imputato dell’omicidio. Fu Carboni a dire: ”Calvi aveva tutti i motivi di suicidarsi. Comunque suicida o assassinato, rimango indifferente”.

Sull’eventuale interesse di Calò all’eliminazione di Calvi, le versioni dei collaboratori ”sono risultate in contrasto tra loro o sono state smentite da altre risultanze del processo”. Su Diotallevi, infine, sarebbe certo il suo contributo per ”l’espatrio clandestino di Calvi”, ma nessuna certezza ”circa l’effettiva e consapevole sua partecipazione ad un piano criminoso volto all’eliminazione del Calvi”.