Igor il russo, ecco come Norbert Feher riuscì a fuggire la sera dell’8 aprile

di redazione Blitz
Pubblicato il 10 Agosto 2017 - 06:35 OLTRE 6 MESI FA
Igor il russo, ecco come Norbert Feher riuscì a fuggire la sera dell'8 aprile

Igor il russo, ecco come Norbert Feher riuscì a fuggire la sera dell’8 aprile

BOLOGNA – Igor il russo, all’anagrafe Norbert Feher, è riuscito a fuggire perché la sera dell’8 aprile, il giorno dell’omicidio della guardia volontaria Valerio Verri, “non c’erano le condizioni per sparargli senza rischiare”. Fu questa la valutazione dei tre carabinieri della Compagnia di Molinella (Bologna) che incrociarono l’uomo, noto anche con il nome di Igor Vaclavic, in via Spina, dove se ne persero le tracce.

Lo scrissero quella stessa notte, una volta rientrati in caserma, nell’annotazione di polizia giudiziaria che firmarono poco prima dell’una. “Durante le fasi di avvicinamento del soggetto – si legge nel loro rapporto – non è stato in alcun modo possibile attingerlo mediante l’utilizzo delle armi in dotazione in quanto i militari operanti non erano in alcun modo in posizione favorevole da poter ottenere un risultato senza ulteriori conseguenze per la loro incolumità. Per cui, stante alle disposizioni e alle circostanze di tempo e di luogo, l’unica azione plausibile al momento era quella di porre un’attenta osservazione in sicurezza”.

Tenerlo d’occhio, in attesa dei rinforzi. I tre, un vicebrigadiere e due carabinieri scelti, erano in abiti civili e con un’auto di copertura e durante le fasi in cui si trovarono davanti all’uomo ricercato per due uccisioni rimasero in costante contatto con la centrale operativa: “I militari – sottolineano nella relazione – venivano esortati a mantenere la calma e a limitarsi ad osservare i movimenti dell’individuo”, visto che di lì a poco sarebbero arrivati altri colleghi in supporto.

Feher fu raggiunto nei pressi di un boschetto, dove fece inversione di marcia e lentamente si avvicinò all’auto dei carabinieri, che si erano riparati sui sedili posteriori. Prima li abbagliò coi fari, poi fece cenno con una mano fuori dal finestrino di spostarsi, per passare. A quel punto, ad una distanza di 50 metri, uno dei tre gli intimò di scendere e di mostrare le mani. Il killer fece retromarcia, uscì dal mezzo rubato ma “con molta calma” si addentrò tra gli alberi.

Mentre i tre si avvicinavano, all’improvviso l’uomo tornò indietro per prendere dal cassone uno zaino militare, poi di nuovo entrò nel bosco, apparentemente disarmato. I carabinieri rimasero a controllare la zona fino a quando, una mezz’ora dopo l’avvistamento, alle 20:15, arrivarono i rinforzi.

L’area fu cinturata, ma di Feher nessuna traccia, come se la piccola macchia lo avesse inghiottito. Un mistero, come alcuni degli oggetti che custodiva nel Fiorino e che sono stati esaminati per le impronte digitali dal Ris: un opuscolo per studiare i geroglifici con all’interno un foglietto per imparare il linguaggio morse, ma anche due settimane enigmistiche dell’anno Duemila, una bottiglia di ‘Limoncetta di Sorrento’ e una mappa per orientarsi guardando il cielo.