Taranto, governo e operai al giudice: l’Ilva non si chiude

Pubblicato il 26 Luglio 2012 - 18:15 OLTRE 6 MESI FA

TARANTO – Il giudice di Taranto, Patrizia Todisco, ha disposto il sequestro e quindi la chiusura dell’Ilva perché, secondo l’accusa, causa disastro ambientale; ma sia gli operai, che a migliaia hanno occupato la città per protesta fino a bloccare il ponte girevole, sia il governo dicono: l’Ilva non si chiude. Dovrete passare sulla nostra pelle.

Gli operai dell’Ilva volevano lavoro più che salute, la Regione Puglia aveva tentato di aiutarli con una legge ad hoc approvata in fretta, ma il Gip di Taranto, secondo l’Ansa, ha deciso di sequestrare lo stabilimento: secondo l’Ansa “il gip Patrizia Todisco ha firmato il provvedimento di sequestro (senza facoltà d’uso) degli impianti dell’area a caldo dell’Ilva di Taranto e gli arresti domiciliari per otto indagati nell’inchiesta per disastro ambientale a carico dei vertici Ilva”.

Appena diffusa la notizia circa 5mila operai sono usciti dallo stabilimento e hanno bloccato le strade fino ad arrivare ad occupare in serata il ponte girevole, un po’ il simbolo della città pugliese. I sindacati Fim, Fiom e Uilm di Taranto hanno indetto uno sciopero a oltranza dei lavoratori con presidio davanti allo stabilimento per manifestare il disagio e la preoccupazione dei dipendenti del Siderurgico sul loro futuro occupazionale. E anche il governo lancia l’appello: La fabbrica non chiuda, chiederemo il riesame.

“La gestione del siderurgico di Taranto – sostiene il Gip – è sempre stata caratterizzata da una totale noncuranza dei gravissimi danni che il suo ciclo di lavorazione e produzione provoca all’ambiente e alla salute delle persone. Ancora oggi gli impianti dell’Ilva producono emissioni nocive che, come hanno consentito di verificare gli accertamenti dell’Arpa, sono oltre i limiti e hanno impatti devastanti sull’ambiente e sulla popolazione”.

I sigilli sono previsti per i parchi minerali, le cokerie, l’area agglomerazione, l’area altiforni, le acciaierie e la gestione materiali ferrosi. Gli arresti riguardano invece il patron Emilio Riva, presidente dell’Ilva Spa fino al maggio 2010, il figlio Nicola Riva, che gli è succeduto nella carica e si è dimesso un paio di settimane fa, l’ex direttore dello stabilimento di Taranto, Luigi Capogrosso, il dirigente capo dell’area del reparto cokerie, Ivan Di Maggio, il responsabile dell’area agglomerato, Angelo Cavallo. La misura cautelare, però riguarderebbe anche altri tre dirigenti.

Il governo tenta, come ha fatto già la Regione Puglia, di salvare le sorti degli operai, che intanto hanno immobilizzato mezza Taranto. Al ministero dell’Ambiente, dove si è svolta una riunione sul risanamento della zona dell’acciaieria, è stato raggiunto un accordo tra governo, enti locali e gruppo Riva, che prevede 330 milioni di investimenti per la bonifica ambientale, 7,5 dei quali provenienti dalla società. “Chiederò che il riesame del provvedimento (di sequestro) avvenga con la massima priorità ed urgenza”, ha detto al termine dell’incontro il ministro dell’Ambiente Corrado Clini.

”L’intenzione – dice Clini – è di sostenere la continuazione delle attività produttive e portuali nel sito di Taranto. Il protocollo non è una risposta alla magistratura ma e’ un impegno ad andare avanti per impedire che tutto questo si blocchi. Noi vogliamo che l’azienda resti a Taranto e che allo stesso tempo l’intervento ambientale si faccia di corsa”.

Sul caso interviene anche il ministro dello Sviluppo Economico, Corrado Passera, che dice: “Governo e istituzioni locali faranno tutto il possibile per individuare soluzioni che tutelino occupazione e sostenibilità produttiva” dell’Ilva di Taranto.

Da parte sua Nichi Vendola ha annunciato che la Puglia si costituirà parte civile se si dovesse arrivare al processo nell’inchiesta della magistratura sull’Ilva. ”Se la Magistratura – dice – avesse indicato delle prescrizioni, l’Ilva avrebbe il dovere di adempierle”.

Facciamo un passo indietro: la procura di Taranto indaga da mesi sull’Ilva per disastro ambientale sostenendo che lo stabilimento emette sostanze così tossiche da aumentare vistosamente i livelli di tumori in chi ci lavora e in chi ci vive vicino. Una ricerca di Oxford ha anche dimostrato che nelle urine degli abitanti di Taranto c’è troppo piombo, che causa cancro. Nonostante gli allarmi e le voci di un’imminente chiusura della fabbrica, gli operai dell’Ilva, di fronte alla prospettiva di perdere il posto di lavoro, si sono battuti per restare. Il 30 marzo scorso, in occasione della chiusura dell’incidente probatorio legato all’inchiesta a carico dei vertici dell’Ilva per disastro ambientale, 8.000 operai e impiegati del Siderurgico manifestarono per le strade della città con un sit-in conclusivo sotto la sede del Comune. Gli operai sperano nella bonifica della fabbrica.

Bonifica che è favorita da una legge che la Regione Puglia ha voluto approvare in fretta e furia proprio per evitare un dramma occupazionale a Taranto. La legge sulle emissioni inquinanti prevede che le aziende si adeguino ai livelli fissati dalla Regione. Se non lo fanno, saranno multate o sarà loro sospeso l’esercizio.

Ma il Gip di Taranto non ha potuto aspettare che l’Ilva si metta in regola e ha deciso, intanto, di sequestrare la fabbrica, di chiuderla. Sacrificando così i posti di migliaia di operai ma tentando di contenere il disastro ambientale in atto.