Ilva di Taranto, lavoro vs salute. Operai: “No blocco”. Procura: “Troppi rischi”

Pubblicato il 26 Luglio 2012 - 09:50 OLTRE 6 MESI FA
(LaPresse)

ROMA – Lavoro contro salute. Questo è il dilemma degli operai dell’Ilva di Taranto. Se l’Ilva chiude, ma forse non avranno un lavoro e non potranno vivere. Se l’Ilva rimane aperta, avranno un lavoro, ma rischieranno la vita per l’inquinamento. Un dilemma che diventa una battaglia: gli operai hanno scelto il lavoro, sperando nelle bonifiche promesse dallo stabilimento e dalla regione Puglia. Ma i magistrati della Procura di Taranto potrebbero scegliere la salute e chiudere lo stabilimento il 26 luglio.

La tensione sale allora alle stelle: da un lato gli operai e i sindacati, che minacciano scioperi e presidi: “Siamo disposti a tutto, se l’Ilva chiude è la morte di Taranto”. Dall’altra i magistrati, con in mano la perizia di Oxford, che ha rilevato alti livelli di piombo nelle urine degli abitanti della città. Intanto il ministro dell’Ambiente Corrado Clini ha lanciato un appello: “Lo stabilimento non va bloccato”. Appello che arriva proprio mentre a Roma si discute la firma del patto per le bonifiche proposto dal governatore pugliese Nichi Vendola.

I sindacati Fim, Fiom e Uilm sono già scesi in strada con gli operai il 25 luglio. Due ore di sciopero programmato in cui sono 5mila lavoratori dell’Ilva hanno bloccato la statale 106 e la statale 7 Appia contro l’ipotesi di chiusura parziale dell’azienda.

Mimmo Panarelli, segretario territoriale della Fim Cisl di Taranto, ha spiegato: “Quella di oggi è solo la prima iniziativa, ma ne seguiranno delle altre molto più pesanti nei prossimi giorni perché i lavoratori non reggono più questa situazione i cui viene messo in discussione il loro futuro occupazionale. La tensione in fabbrica – ha proseguito Panarelli – non è più sostenibile ed è per questo che abbiamo deciso di organizzare sciopero e presidi”.

Il segretario Fim poi aggiunge: “Noi siamo convinti di una cosa molto chiara: chi sostiene che è possibile fermare l’area a caldo dello stabilimento e che può esistere solo l’area a freddo non sa quello che dice. Questo è uno stabilimento a ciclo integrale: se si chiude l’area a caldo deve chiudere l’intero sito. E sarà la morte di Taranto”.

I magistrati guidati dal procuratore Franco Sebastio temono però che lasciare aperta la Ilva sia un rischio ancor maggiore per la popolazione e per questo hanno accusato Emilio Riva, Nicola Riva e tre dirigenti per disastro ambientale. Accusa che sarebbero supportate da due perizie, una delle quali eseguita dalla imparziale università britannica di Oxford.

I lavoratori, anche loro abitanti di Taranto, sono combattuti: “Rispettiamo i magistrati, ma non capiamo perché intervengono ora che Riva sta spendendo soldi per far sposare ambiente e fabbrica. Noi vogliamo lavorare, perché così difendiamo il futuro dei nostri figli”.

Intanto Nichi Vendola ha raggiunto Roma per la firma del “Patto per Taranto”, che prevede “interventi urgenti di bonifica, riqualificazione e infrastrutturazione” nell’ambito dell’area industriale. Bonifica per cui la Puglia stanzierà 100 milioni di euro, con Vendola che è alla ricerca di 200 milioni di euro dal governo Monti.

Il ministro dell’Ambiente Corrado Clini è però convinto che l’Ilva non va bloccata. In un’intervista al Sole24Ore  il ministro ha dichiarato: “Il giudizio sui rischi connessi ai processi industriali dello stabilimento va attualizzato. E’ arrivato il momento di lavorare insieme e di fare riposare gli avvocati”.

Clini continua: “La situazione dell’Ilva di 10-15 anni fa era molto diversa da quella attuale. Oggi si può dire che l’Ilva è uno stabilimento in cui  in atto un processo di trasformazione della produzione per renderla adeguata agli obiettivi nazionali e alle direttive europee. Il giudizio deve tenere conto del lavoro fatto fino ad oggi e dunque della possibilità concreta che esiste di completare il percorso iniziato per rendere l’impianto sostenibile”.

Da parte del ministero ”il primo sforzo è quello di dotarci di tempi certi e rapidi. Anche la Regione Puglia, come la Provincia e il Comune di Taranto, stanno facendo la stessa cosa, perché esiste un obiettivo comune: lavorare insieme per avviare le iniziative da prendere per il risanamento ambientale e la riqualificazione industriale dell’intera area”.

”Se concordiamo un piano di azioni insieme possiamo riprendere il percorso gia’ iniziato. Nella consapevolezza – sottolinea il ministro – che gli interventi devono tenere conto della competitività dell’impresa: non sarebbe un gran risultato costringere le aziende a chiudere e ad abbandonare un sito perche’ le prescrizioni ambientali non sono sostenibili dal punto di vista economico”.

In questo processo ”anche l’azienda deve fare la sua parte”, prosegue Clini. ”Il ministero dell’Ambiente è disponibile a rivedere alcune delle sue posizioni per superare il contenzioso. A patto che l’azienda faccia lo stesso”.