Investe ragazza, la crede morta: si butta sotto al treno

di Redazione Blitz
Pubblicato il 12 Maggio 2016 - 10:49 OLTRE 6 MESI FA
Investe ragazza, la crede morta: si butta sotto al treno

Investe ragazza, la crede morta: si butta sotto al treno

MILANO – Investe ragazza, la crede morta: si butta sotto al treno. Aveva sbagliato, la paura di rovinarsi, l’alcol: ha investito una ragazza sulle strisce dalle parti del Cimitero Monumentale a Milano, era notte fonda, tra il 23 e il 24 aprile. Poi è scappato. Non si è fermato a prestare le cure, ad accertarsi delle sue condizioni. La credeva morta. Ha ingranato la marcia ed è scomparso nella notte: ma deve essere stata una notte insonne, si è vergognato di se stesso, il rimorso mischiato ancora alla paura di essere scoperto. A 28 anni non aveva mai avuto guai con la legge, tranne, appunto, quella volta che lo fermarono per aver bevuto troppo.

Alla fine non ha retto: 10 ore dopo si è gettato sotto a un treno alla stazione di Usmate-Velate. Una tragedia che poteva essere evitata: tanto più che quella ragazza che ha visto sbattere sul parabrezza e rotolare 15 metri lontana si è fatta solo qualche graffio. La cronaca del Corriere della Sera riferisce di una sfortunata serie di circostanze: l’ultima, quando i carabinieri hanno già individuato auto e proprietario lo cercano al telefono. Che resta muto: avrebbe potuto sapere che la ragazza non era affatto morta.

Un testimone dell’incidente ha raccontato: «L’auto ha superato a destra un’altra macchina, andava molto veloce, e a quel punto ha investito la donna». Da quel momento, le storie di questi due giovani si sono separate. La ragazza era uscita con amici per festeggiare un nuovo contratto di lavoro.

Dopo l’investimento, è stata portata al pronto soccorso dell’ospedale Niguarda; i medici hanno fatto radiografie e controlli e alla fine, alle 5, un dottore ha detto: «È un miracolo». Perché l’incidente è stato drammatico, l’impatto violentissimo. «A giudicare dalla dinamica — dice un investigatore — il giovane alla guida può aver creduto di averla uccisa, o che le conseguenze fossero comunque gravissime». D. S., 28 anni, laureato in economia, non aveva mai avuto a che fare con la giustizia. (Gianni Santucci, Corriere della Sera)