Ischia/ La “banda del liquame”: 60 albergatori aiutavano gli imbroglioni dello sversamento a trasformare il mare in una fogna

di Filippo Bernardi*
Pubblicato il 5 Giugno 2009 - 14:57 OLTRE 6 MESI FA

Sversavano i rifiuti liquidi direttamente nel mare cristallino di Ischia. Acque di fogna nere e bianche non depurate, diluite nei parchi marini; liberate in zone a tutela paesaggistica. Cinque persone sono finite agli arresti domiciliari con le accuse di associazione per delinquere finalizzata all’attività illecita in materia di rifiuti, frode in pubbliche forniture e falso ideologico. Coinvolti anche 60 albergatori isolani.

Massimo Gramellini ne ha scritto su “La Stampa” di oggi, parlando di «gesto atroce e autolesionista» che sintetizza lo stato di crisi morale in cui versa l’Italia.

Le cinque persone agli arresti domiciliari appartengono tutte alla “Aragona servizi ecologia”, società che ha in sub-appalto la gestione e lo smaltimento delle acque nere dal consorzio pubblico Evi nei sei Comuni dell’isola e a Procida. Si tratta di Lucia Pesce (socio amministratore), Vincenzo Pesce (operaio), Giuseppe Pesce (socio accomandatario della società “Uniterra”), Carolina Migliozzi (responsabile tecnico) e Giuseppe Di Lauro (chimico esterno della società). Altre tre persone dovranno invece rispondere all’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.

A condurre l’operazione sono stati i carabinieri del Noe di Napoli, coordinati dal capitano Achille Sirignano, e i militari della compagnia di Ischia guidati dal tenente Pierangelo Iannicca.

I 60 albergatori coinvolti, non ancora iscritti nel registro degli indagati, secondo l’accusa avrebbero in qualche modo favorito l’illecito smaltimento dei reflui da parte della “Aragona servizi”. In particolare avrebbero agevolato la condotta criminosa della società scavalcando le normali procedure da seguire per i prelievi da essa effettuati nelle vasche a tenuta stagna di cui sono dotati la maggior parte degli hotel di Ischia (non esistendo sull’isola una vera e propria rete fognaria). Tali procedure, infatti, prevedono la certificazione dei prelievi mediante un particolare formulario. Ma i titolari delle strutture alberghiere, afferma l’accusa, si sono accontentati di una semplice bolla di fattura, permettendo di fatto alla “Aragona” di sversare nei tombini a due passi dal mare.

Nella maggior parte dei casi, comunque, i rifiuti sono finiti direttamente in acqua, senza passare dalle vasche di accumulo. Non solo: rifiuti da raccogliere e smaltire per legge con particolari precauzioni sono stati trasportati insieme ad altri liquidi speciali pericolosi. Sono stati certificati come “non pericolosi” mix di rifiuti non dannosi e rifiuti con rischio infettivo.

*Scuola Giornalismo Luiss