Isis, combattente condannato in Italia: voleva farsi esplodere in Iraq

di redazione Blitz
Pubblicato il 26 Aprile 2017 - 19:10 OLTRE 6 MESI FA
Isis, combattente condannato in Italia: voleva farsi esplodere in Iraq

Isis, combattente condannato in Italia: voleva farsi esplodere in Iraq

ROMA – Nel 2015 venne fermato poco prima che uscisse dal carcere, per andare a raggiungere in Iraq l’amico conosciuto nel penitenziario di Velletri e combattere sotto la bandiera dell’Isis. Oggi per Vulnet Maqelara, conosciuto come Karlito Brigande, è arrivata la sentenza di condanna in primo grado a 8 anni di carcere così come richiesto dalla Procura di Roma.

La sentenza è stata emessa dalla corte d’Assise nell’aula bunker di Rebibbia. Nei confronti dell’uomo, macedone di 42 anni, con un passato di militanza nell’esercito nazionalista dell’Uck, il reato contestato dal pm.

è di appartenenza ad un‘associazione con finalità di terrorismo, con l’aggravante della transnazionalità del reato. Per l’accusa siamo in presenza di un appartenente all’Isis che era pronto a partire per combattere al fianco dei militanti dello stato islamico.

Brigande venne raggiunto dall’ordinanza di custodia mentre si trovava detenuto nel carcere di Rebibbia. Oltre al cittadino macedone la Procura di Roma spiccò una richiesta di arresto anche per Firas Barhoumi, un cittadino tunisino di 29 anni attualmente latitante e la cui posizione è stata stralciata nel processo svolto nell’aula bunker di Rebibbia.

Nel novembre del 2015 il cittadino macedone venne arrestato nell’ambito di un servizio di controllo del territorio perché ricercato in forza di un provvedimento dell’autorità giudiziaria macedone, per reati contro la persona ed il patrimonio commessi in quel Paese.

I carabinieri, in quella circostanza, oltre ad arrestare il latitante, riuscirono ad individuare e perquisire la sua abitazione dove furono trovate alcune lettere manoscritte contenenti frasi in arabo e fotografie con indizi di una sua adesione al radicalismo islamista.

Dagli accertamenti del Ros è emerso che nei giorni antecedenti al suo arresto, Brigande era in contatto attraverso vari sistemi di chat, con Barhoumi, che già in quel periodo si trovava in Iraq, come “foreign fighter”, a combattere in seno alle milizie terroristiche del “Daesh”.

Brigande, radicalizzato da Barhoumi durante un periodo di detenzione comune, sarebbe stato in procinto di partire per l’Iraq “con il preciso intento di essere aggregato nei quadri di lotta armata jihadista”.

Lo stesso Barhoumi invita, in una comunicazione intercettata, a raggiungerlo in Iraq, dicendosi disposto a rimandare un’operazione suicida con un’auto per aiutare l’amico. Nella conversazione Barhoumi diceva a Brigande: “…basta tu cerca per venire a Turchia resto ci penso io per te hai capito? Basta che tu venire a Turchia, hai capito?”. E Brigande lo rassicurava: “Ok fratello cerco questo mese inshallah… cerco di venire più presto”. E Barhoumi gli comunicava che per aspettarlo avrebbe fatto slittare “una operazione suicida: prendo una macchina con l’esplosivo dentro per fare un’operazione contro i kuffar (miscredenti, ndr) inshallah, se mi dici una promessa che tu venire dopo un mese io posso allontanare la data dell’operazione”.