Jacopo morto di mononucleosi. Madre: “Non respirava ma gli davan solo cortisone”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 16 Settembre 2014 - 13:23 OLTRE 6 MESI FA
Jacopo morto di mononucleosi. Madre: "Non respirava ma gli davan solo cortisone"

Jacopo morto di mononucleosi. Madre: “Non respirava ma gli davan solo cortisone”

ROMA – “Jacopo non respirava e non beveva, ma i medici gli davano solo il cortisone. Ora voglio la verità”: la mamma del giovane romano, neolaureato, morto a 26 anni all’ospedale Spallanzani di Roma per quella che pare una mononucleosi fulminante vuole saperne di più. E non è la sola ad indagare sulla morte del ragazzo, di cui già i medici che per primi lo avevano visitato al pronto soccorso avevano notato, come recita il referto, che aveva uno “spazio respiratorio ridotto”. 

Agli inquirenti che ora indagano per omicidio colposo la signora ha raccontato le ultime ore del figlio, parole forti riferite da Michela Allegri sul Messaggero:

“Faticava a parlare, non riusciva a mangiare. Durante le ultime ore il collo era talmente gonfio che Jacopo non poteva bere, nemmeno dosando l’acqua con una cannuccia. Non respirava, ma i medici gli hanno solo somministrato dosi di cortisone”. 

Queste parole, in realtà, sono solo una nuova piccola accusa che si aggiunge a dei sospetti che hanno portato il pubblico ministero a chiedere non soltanto l’autopsia sul corpo di Jacopo, ma anche l’identificazione di tutti i medici e infermieri che hanno avuto il cura il ragazzo.

Scrive Michela Allegri:

“Man mano che gli accertamenti proseguono, infatti, sembra farsi sempre più solido il sospetto che per il decesso di Jacopo ci sia una responsabilità. Perché i dottori non lo hanno intubato? Perché si sono ostinati a somministrargli farmaci che, evidentemente, non funzionavano? E’ la domanda che continua a porsi chi indaga, e che tormenta i familiari del ventiseienne.

«Da una settimana Jacopo diceva di avere la gola gonfia. Lo abbiamo accompagnato al pronto soccorso del policlinico Gemelli e dopo una notte i medici lo hanno trasferito allo Spallanzani. Gli hanno diagnosticato una mononucleosi. Mio figlio per parlare doveva sforzarsi. I suoi amici mi hanno raccontato che prima di avere l’ultima crisi, quella che l’ha portato al coma, si è alzato dal letto chiedendo aiuto, dicendo che stava soffocando. Poi, è caduto in terra» ha continuato mamma Anna.

Eppure già dal giorno in cui Jacopo era arrivato al pronto soccorso del Gemelli i medici avevano notato che la situazione era tutt’altro che semplice da capire:

“Codice giallo. Paziente affetto da forma morbosa grave, riferisce da 9 giorni febbre, tonsille aumentate di volume, sospetta mononucleosi. Spazio respiratorio ridotto”. 

Era seguito subito il trasferimento allo Spallanzani, dove Jacopo era stato ricoverato nel reparto di Malattie Infettive.

“I sanitari, nel tentativo di debellare la mononucleosi, somministrano al paziente massicce dosi di cortisone, per 13 ore consecutive. Ma le condizioni del ventiseienne non migliorano: a livello della gola i linfonodi sono sempre più ingrossati. Jacopo respira in modo affannato. Viene nutrito via flebo perché non riesce a mangiare. Ha crisi, si spaventa, chiede aiuto. Ma i dottori, raccontano amici e parenti, gli avrebbero somministrato un’altra medicina per endovena. Il 26 agosto il paziente entra in coma. Morirà una settimana più tardi. I familiari di Jacopo, assistiti dall’avvocato Pierfrancesco Bruno, decideranno poi di sporgere denuncia. «La famiglia non accusa i medici, vuole solo risposte – ha dichiarato il penalista – attendiamo i risultati delle indagini».”