Luca Varani: non ci sono impronte sulle armi, troppo sangue

di redazione Blitz
Pubblicato il 22 Luglio 2016 - 17:00 OLTRE 6 MESI FA
Luca Varani: non ci sono impronte sulle armi, troppo sangue

Luca Varani: non ci sono impronte sulle armi, troppo sangue

ROMA – Luca Varani: probabilmente non si saprà mai chi ha dato il colpo di grazia al ragazzo brutalmente ucciso nel corso di un festino a base di droga e alcol in un appartamento nella zona del Collatino a Roma. In base ai risultati consegnati dai carabinieri del Ris in Procura, non risulterebbero evidenziate sul coltello e sul martello impronte digitali di Marco Prato e Manuel Foffo, i due accusati dell’omicidio.

La massiccia presenza del sangue di Varani sulle armi utilizzate per torturarlo fino a procurargli la morte non rende possibile individuare le impronte dei due rendendo complessa la definizione delle responsabilità di quanto avvenuto nell’appartamento la mattina del 4 marzo scorso. I risultati della perizia per il pm non muta, però, l’impianto accusatorio nei confronti di Prato e Foffo. Inoltre dall’analisi dei telefoni non sono emersi elementi nuovi rispetto a quanto accertato. Il magistrato resta ancora in attesa dei risultati definitivi dell’autopsia. Subito dopo gli arresti Foffo e Prato si erano accusati a vicenda su chi materialmente aveva dato il colpo di grazia a Varani.

Spiega Il Messaggero:

Dopo diversi incidenti di percorso, rallentamenti provocati da discussioni tra periti, risultati dell’autopsia ancora non completati, si presenta ora questa nuova incognita. Foffo e Prato, dal giorno successivo all’arresto, si sono accusati a vicenda, scaricando reciprocamente la responsabilità della decisione finale. Poi Prato, l’ex pierre delle notti romane, ha scelto il silenzio. Si è avvalso della facoltà di non rispondere e non ha più detto niente al magistrato. Mentre Foffo sembra aver preso coscienza di quanto fatto. E, alla presenza del suo avvocato Michele Andreano, ha continuato a parlare, a sfogarsi, a piangere. Mentre in questi mesi sembra aver vissuto il carcere come la giusta punizione per quanto ha commesso.