Luca Varani, un buco in gola per impedirgli di urlare

di redazione Blitz
Pubblicato il 8 Marzo 2016 - 14:49| Aggiornato il 24 Marzo 2016 OLTRE 6 MESI FA
Luca Varani, un buco in gola per impedirgli di urlare

Luca Varani, un buco in gola per impedirgli di urlare

ROMA – Un buco alla gola, un taglio per recidere le corde vocali. E impedirgli di urlare, attirando così l’attenzione dei vicini che avrebbero potuto chiamare i soccorsi e la polizia. C’è una precisione sadica e chirurgica dietro la morte di Luca Varani, non l’improvvisazione di due assassini inesperti e poco lucidi. Qualcosa di inumano, una tortura che richiama pochi altri precedenti. Di così brutale Roma ha memoria forse solo dell’agonia inflitta dalcanaro della Magliana“, così lo ricorda la cronaca nera, alla sua vittima.

L’autopsia sul corpo martoriato sul ragazzo di 23 anni racconta la lenta agonia di Luca, che sarebbe stato attirato con l’inganno nell’appartamento di Manuel Foffo da Marc Prato con un messaggio Whatsapp.

Appena arrivato in casa a Luca viene offerto da bere, un bicchiere che contiene una sostanza che lo stordisce. Lui si sente male e va in bagno e lì comincia la tortura: i due, stando alla dichiarazione di Foffo, gli dicono che hanno deciso che deve morire. Un colpo in testa, una martellata, per stordirlo e poi i colpi con il coltello. Svariati: alla gola, al viso, sul petto. Il poveretto non muore subito perché quei colpi sono, scientemente, crudeli e superficiali. Torturano ma non uccidono.

L’agonia dura probabilmente una notte e un giorno. Manuel Foffo spiega che è stato Prato a dare il colpo finale: una coltellata appena sotto al cuore che uccide il ragazzo. Il coltello resterà conficcato nel petto, sarà il medico legale a toglierlo. E’ venerdì, i due assassini cercano di ripulire la scena buttando in un cassonetto i vestiti e il telefonino di Luca. Poi tornano e dormono, dormono nella camera accanto a quella dove giace il cadavere di Varani. Si fa sabato, la mattina: Manuel e Marc, che si sono visti solo un paio di volte, fanno un giro e Marc scende davanti a un hotel di piazza Bologna dove decide di uccidersi. Non ci riuscirà, la polizia lo salverà per un pelo.

Manuel Foffo invece raggiunge il padre Valter: insieme devono andare in Molise al funerale di uno zio ma il ragazzo in macchina confessa al padre cosa ha fatto la notte precedente. Il papà decide di far ritorno a Roma, contatta al volo un avvocato e porta il figlio dai carabinieri. E’ sabato pomeriggio quando Foffo confessa tutto, permettendo finalmente che il corpo straziato di Luca, ancora abbandonato in casa, venga prelevato dalle mani pietose degli agenti e dei medici legali.

Non solo Luca. Dal racconto di Foffo agli inquirenti emerge un dettaglio inquietante: “Io e Marc – ha continuato – abbiamo deciso di trascorrere del tempo insieme da mercoledì scorso nel mio appartamento ma non siamo stati sempre soli. Ricordo, ad esempio, che è venuto anche un mio amico di nome Alex che avevo conosciuto mesi fa in una pizzeria sulla Tiburtina”. Per fortuna del giovane però le cose sono andate diversamente. “Quando è venuto a casa eravamo sotto l’effetto di cocaina – ha detto ancora Foffo – ma mantenevamo la lucidità. Invece quando è venuto luca, sia io che marco eravamo provati dall’uso prolungato di cocaina e quindi non più lucidi”.