“Ma tu l’hai sentita?” Gli italiani si raccontano la scossa

Pubblicato il 6 Aprile 2009 - 16:56 OLTRE 6 MESI FA

Dalle zone colpite dal terremoto arrivano i racconti incredibili ma veri di chi il terremoto lo ha vissuto: la madre che difende con il corpo i suoi figli, il padre che fugge con il figlio in braccio mentre la scala e poi la casa crolla dietro le sue spalle come in un film… Ma non è un film, anche se le sequenze di un grande terremoto in Italia appartengono purtroppo al già visto: le colonne dei soccorsi che inevitabilmente arrivano dopo che la gente ha scavato a mano, le prime tendopoli, la paura di nuove scosse, la fila di bare di legno che si allunga all’aperto, perfino qualche episodio di sciacallaggio.

La tv mostra molto ma non può, perfino la tv, rendere la dimensione di quel che è accaduto: il 50 per cento, è una stima di massima, degli edifici inagibili, i morti ancora da estrarre dalle macerie, la devastazione materiale e psicologica. Ci vorranno mesi se non anni per curare la ferita, assorbire il colpo, rimarginare la cicatrice sul territorio e nella società.

Quel che la tv non mostra è quel che si raccontano gli italiani colpiti solo nell’animo e nell’immaginazione dal terremoto. Ovunque telefonate tra parenti e amici: “Ma tu l’hai sentita la scossa?”. E via quel raccontarsi di essersi svegliati in piena notte, con il letto che oscillava. Increduli, consapevoli, spaventati, stupiti. È un racconto minimo di milioni di esperienze individuali che si fa fitta rete: al telefono, sui blog, nelle conversazioni. Il racconto della notte che è stata tragedia per l’Abruzzo e paura, paura vera, profonda e perfino ancestrale per chi del terremoto ha sentito sotto i piedi solo l’eco. E gli è bastato per sentirsi tremare non solo la casa sotto i piedi ma anche, almeno per qualche minuto, anche appunto l’anima.