Macchi, 30 anni fa Stefano Binda confessò con questa lettera

di redazione Blitz
Pubblicato il 15 Gennaio 2016 - 17:08 OLTRE 6 MESI FA
Macchi, 30 anni fa Stefano Binda confessò con questa lettera

Macchi, 30 anni fa Stefano Binda confessò con questa lettera

VARESE – Trent’anni fa Lidia Macchi fu stuprata e poi uccisa per ossessione religiosa: il suo assassino volle punirla per aver fatto sesso e inviò una lettera ai genitori per consacrare il castigo inflitto. La lettera fu recapitata a casa Macchi il 9 maggio 1987, il giorno dei funerali (Lidia era morta due giorni prima). E’ grazie a quella missiva pubblicata dalla Prealpina nel maggio 2015, cioè 28 anni dopo l’omicidio, se gli investigatori sono arrivati a Stefano Binda, ex compagno di liceo di Lidia.

La svolta arriva quando il programma di Rai Tre Chi l’ha visto? torna a parlare del caso e rilancia foto e video della lettera. Una spettatrice vedendo la lettera riconosce calligrafia e stile del ragazzo. Si tratta dello stesso ragazzo (Binda, appunto) che le aveva inviato lettere d’amore. A quel punto gli inquirenti ricominciano a indagare e scoprono il diario di Stefano. Il diario in cui è scritto “Stefano è un barbaro assassino”.

Il testo integrale è scritto in stampatello su un foglio bianco, di quelli da inserire nei quaderni a ganci, su due colonne. Questo il testo integrale:

In morte di un’amica La morte urla contro il suo destino. Grida di orrore per essere morte: orrenda cesura, strazio di carni. La morte grida e grida l’uomo della croce. Rifuto, il grande rifiuto. La lotta la guerra di sempre. E la madre, la tenera madre con i fratelli in pianto. Perché io. Perché tu. Perché, in questa notte di gelo, che le stelle son così belle, il corpo offeso, velo di tempio strappato, giace. Come puoi rimanere appeso al legno. In nome della giustizia, nel nome dell’uomo, nel nome del rispetto per l’uomo, passi da noi il calice. Ma la tetra signora grida alte le sue ragioni. Consumatus est questo lo scritto dell’antichissimo errore E tu agnello senza macchia e tu agnello purificato che pieghi il capo timoroso e docile, agnello sacrificale, che nulla strepiti, non un lamento. Eppure un suono, persiste una brezza ristoro alle nostre aride valli in questa notte di pianti. Nel nome di Lui, di colui che cui ha preceduto, crocifissa, sospesa a due travi. Nel nome del Padre sia la tua volontà.

Binda all’epoca avrebbe esercitato un certo “fascino”, quasi da “intellettuale dannato”, su Lidia, la quale probabilmente – sempre stando alle ipotesi dei magistrati che hanno lavorato su un quadro indiziario – avrebbe voluto anche riuscire a farlo smettere di fare uso “saltuario” di eroina. Tra le prove di quell’omicidio compiuto per un “tradimento” della fede “da purificarsi con la morte” anche, secondo il gip, un’agenda trovata a casa di Binda con la pagina strappata nel giorno dell’assassinio e una frase da lui stesso scritta: “Stefano è un barbaro assassino”.

Nel parcheggio dell’ospedale dove viene vista la macchina della ragazza quella sera, poi, ci sarebbe stata soltanto un’altra auto, una “Fiat 131 bianca”, lo stesso modello che possedeva il presunto omicida. Binda, inoltre, scrive il giudice, “non ha un alibi” e un suo amico “del cuore” sul punto “ha mentito”, solo per coprirlo. Intanto, la madre di Lidia, come ha spiegato il legale Daniele Pizzi, “ha provato gioia, non certo per l’arresto ma per la svolta nelle indagini”. Lo scorso 7 agosto, invece, Binda davanti agli inquirenti ha negato di essere lui l’autore della lettera in versi e ora sarà interrogato dal gip probabilmente lunedì prossimo. Per il giudice la misura cautelare era necessaria anche perché aveva ripreso “contatti con alcune figure del suo ‘passato'” per “prepararsi ad un possibile sviluppo” dell’inchiesta, che è arrivato oggi.