“Made in Italy” con sede all’estero evade 13 milioni di euro

Pubblicato il 24 Novembre 2011 - 10:37 OLTRE 6 MESI FA

BERGAMO – Operavano in Italia nella distribuzione e nel commercio all’ingrosso di capi d’abbigliamento d’alta moda, ma avevano preferito trasferire le loro sedi all’estero, dal Medio Oriente agli Stati Uniti, per non pagare le tasse nel nostro Paese. L’indagine condotta dalla Guardia di Finanza ha permesso di individuare sette aziende con sede all’estero, ma attive prevalentemente a Bergamo e in altre province del Nord Italia, e di recuperare una somma pari a 13 milioni di euro.

I controlli sono partiti proprio da Bergamo a marzo del 2010, sotto la direzione del comandante provinciale Giovanni De Roma. In un anno di indagini, i militari hanno ricostruito una serie di relazioni fra le varie società e i ricavi conseguiti da ciascuna di esse dal 2000 al 2010. Di fatto una delle aziende, con sede a Bergamo, controllava le altre sette che, pur operando in Italia, avevano sede all’estero. Cinque imprenditori, tutti bergamaschi, sono stati denunciati.

Nel frattempo, la Guardia di Finanza ha disposto un sequestro preventivo di beni per un valore di circa sette milioni di euro. Successivamente, il dossier è stato trasmesso alla direzione provinciale dell’agenzia delle entrate, che ha emesso 50 accertamenti fiscali. Dall’indagine sono stati recuperati 13 milioni di euro, che gli imprenditori coinvolti hanno già versato nelle casse dell’erario.

Quelle aziende, spiega in una nota la direzione regionale della Lombardia dell’Agenzia delle entrate, avevano ”trasferito la residenza in diversi Paesi oltre confine, dal Medio Oriente agli Stati Uniti, al solo scopo di  sottrarsi al pagamento delle imposte in Italia”. I controlli sono partiti dal Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Bergamo nel 2010.

Successivamente il dossier è stato trasmesso alla Direzione Provinciale dell’Agenzia delle Entrate di Bergamo per la valutazione degli spunti investigativi raccolti dalle Fiamme Gialle e la ricostruzione -in un arco di 10 anni dal 2000 al 2010 – dei redditi effettivi da tassare.

La ricostruzione dei redditi ”è stata tanto convincente – conclude l’Agenzia delle Entrate – che il contribuente ha optato per il pagamento in acquiescenza della considerevole somma di 13 milioni di euro”.