Mafia Capitale, Massimo Carminati: “Io fiero fascista anni 70. Alemanno un truffatore”

di redazione Blitz
Pubblicato il 29 Marzo 2017 - 16:23 OLTRE 6 MESI FA
Mafia Capitale, Massimo Carminati: "Io fiero fascista anni 70. Alemanno un truffatore"

Mafia Capitale, Massimo Carminati: “Io fiero fascista anni 70. Alemanno un truffatore”

ROMA – Si professa “un vecchio fascista degli anni Settanta, fiero di quello che sono”. Mentre Gianni Alemanno è “un truffatore”. Oggi, 29 marzo, è il giorno di Massimo Carminati al processo di Mafia Capitale. L’uomo considerato a capo del cosiddetto “Mondo di mezzo” ci tiene a mettere i puntini sulle “i”. “Io appartengo al mondo di sotto”, ha rivendicato nel corso dell’interrogatorio nell’aula bunker di Rebibbia. E ha preso le distanze dalla politica: “Quelli come me hanno tre comandamenti in tutto ma li rispettano. Quelli del mondo di sopra ne hanno dieci ma li tradiscono”

Al processo, dove è chiamato a rispondere di ben 24 capi di imputazione, Carminati vuole ridimensionare alcune accuse. Come quella secondo cui sarebbe stato consapevole delle indagini sul suo conto, per via dei suoi rapporti con i servizi segreti. “Lo sapevo – ha detto – dai giornali, basta leggere i quotidiani e consultare i siti in linea che già sai tutto. Mi dipingevano come il demonio. Mi svegliavo la mattina e mi ritrovavo accusato di ogni efferatezza. Una mattina apro il Messaggero e mi trovo accusato dell’omicidio del banchiere Roberto Calvi. Io all’epoca ero in carcere..”

“Non avevo alcun motivo per nascondermi, stavo finendo l’affidamento, ero proprio sereno” ha aggiunto l’ex Nar ricostruendo le prime fasi dell’indagine, quando si accorse che era seguito dagli investigatori. “Io ho sempre vissuto sotto il controllo delle forze dell’ordine – ha detto – so di che parlo. E poi anche se ho un occhio solo ci vedo bene”.

Quanto ai suoi rapporti con l’ex sindaco di Roma, Alemanno, Carminati afferma: “Non ho alcuna stima di lui. E non siamo mai stati messi assieme in carcere. Nel penitenziario non lo avrebbero permesso. Quelli come noi, non potevano stare con quelli come lui che avevano preso un percorso istituzionale, sarebbero nate delle scaramucce diciamo. Ma nulla di pericoloso per noi”.

“Se non ci fossi stato io – ha detto ancora ricostruendo il suo rapporto con Buzzi – questo processo sarebbe stato una cosa ridicola. Ma siccome c’è Carminati è diventato una cosa seria”. “Io gli voglio bene a Salvatore – ha aggiunto – nonostante non capisca la sua scelta processuale. Si è tagliato i ponti con il passato e so le difficoltà che ha avuto a fare questa scelta, mi dispiace di essere stato io a causare questa situazione”.

Avere i soldi in nero era l’unico modo per non pagare i risarcimenti nei processi in cui era stato coinvolto, in particolare quello per il furto del caveau al tribunale di Roma per il quale le parti civili hanno chiesto 20 miliardi di danni. Così ha spiegato i pagamenti in nero per i lavori svolti con Buzzi. “Sono un grande commerciante, sono molto bravo con i soldi, molto più di quello che si pensa – ha detto – Non ho fatto nulla di illegale, l’unica illegalità è che dovevo nascondere i soldi perché ho la parte civile che vuole 20 miliardi per il furto al caveau e dunque dovevo nascondere i miei proventi, anche quelli legali”. “Non dico che non siano giuste le loro richieste e che loro non hanno ragione ma i soldi non mi basterebbero manco se vincessi al superenalotto”. “Se avessi potuto, mi sarei messo in regola e avrei pagato anche le tasse, ma non è così – ha concluso – Io non potevo fare impresa ufficialmente”.