Marc Prato: “Dovevo morire io”. Lettere dal carcere e…

di Redazione Blitz
Pubblicato il 9 Marzo 2016 - 09:42| Aggiornato il 24 Marzo 2016 OLTRE 6 MESI FA
Marc Prato: "Dovevo morire io". Lettere dal carcere e...

Marc Prato: “Dovevo morire io”. Lettere dal carcere e…

ROMA – Era Marc Prato a dover morire. Almeno, così dice uno dei due presunti killer di Luca Varani (l’altro è Manuel Foffo), il ragazzo ucciso a Roma in zona Collatina dopo un coca party di circa 48 ore. Scrivono Cristina Mangani e Adelaide Pierucci sul Messaggero che dal carcere di Regina Coeli dove è in isolamento, guardato a vista, ripete: “Dovevo morire io. Ho fatto una cosa orribile. Sono pentito”. Marco scrive lettere dal carcere in cui cerca di spiegare il suo gesto.

Le due giornaliste del Messaggero riportano anche il racconto di quelle terribile ore:

Eppure nei due giorni passati in casa con Manuel Foffo, l’unico pensiero è stato quello di drogarsi e trovare qualcuno da uccidere. E quando ha convinto Luca Varani a raggiungerli a casa, dopo molti tentativi con altri amici, era stravolto dalla cocaina: circa 28 grammi, mischiati con alcool e psicofarmaci per quasi duemila euro di spesa, consumati con il complice. «Vieni – gli ha scritto per attirarlo nella trappola – ci sono 120 euro per te». E la vittima che si prostituiva per guadagnare di più, ha raccolto l’invito. Quando è entrato in casa, Manuel era nascosto. Luca si è spogliato, ha fatto una doccia, poi ha bevuto qualcosa che gli è stato offerto: vodka, alcol e benzodiazepine. Si è sentito male ed è andato in bagno a vomitare. A quel punto i due assassini si sono scambiati un’occhiata di intesa: ok, è lui, ammazziamolo, è stato il segnale. Prato, poi, è entrato in bagno e mentre Varani vomitava, prima di colpirlo, gli ha detto: «Abbiamo deciso che devi morire».

La stessa scintilla non era scattata con altri amici che erano passati per quella casa nei due giorni di follia. Gente del giro, benestanti. Non questo figlio della periferia, con una vita complicata e la voglia di riscatto economico. I due che volevano fare del male a qualcuno, si sono accaniti fino a torturarlo. Un primo colpo in testa con un martello, poi una, due, coltellate alla gola. Incisioni profonde: Luca non doveva urlare, i vicini avrebbero sentito. E allora – racconta Foffo nel suo verbale di confessione – «gli abbiamo tagliato le corde vocali, e abbiamo colpito ancora, almeno dieci volte». Ed è solo quando la lama è entrata nel cuore che è finita una sofferenza atroce.