Marco Prato e Manuel Foffo in carcere: diversi anche qui

di Redazione Blitz
Pubblicato il 15 Marzo 2016 - 08:49 OLTRE 6 MESI FA
Marco Prato e Manuel Foffo in carcere: diversi anche qui

Marco Prato e Manuel Foffo in carcere: diversi anche qui

ROMA – Marco Prato e Manuel Foffo sono nel carcere di Regina Coeli a Roma. Marco Pasqua, giornalista de Il Messaggero, ha incontrato in esclusiva in cella i ragazzi accusati dell’omicidio di Luca Varani durante un coca party. Due ragazzi descritti come molto diversi nella vita, e molto diversi sembrano anche in questo mini reportage dietro le sbarre: Marco socializza, legge. Manuel non ha tanta voglia di parlare, preferisce stare da solo, più taciturno.

Ecco le parole di Pasqua:

Marco indossa scarpe da ginnastica nere, il pantalone di una tuta, grigio scura, e una felpa, blu. Sta parlando con uno dei tributaristi arrestati in questi giorni nella capitale. Al gruppo si avvicina un politico, che sta effettuando un’ispezione per accertarsi delle condizioni delle infermerie di questa struttura. Marco si gira verso la visitatrice e i suoi accompagnatori. Tra di loro c’è anche un conoscente del killer del Collatino, che oggi collabora con il politico sul tema delle condizioni dei detenuti nel Lazio e che, durante l’incontro, resterà fermo all’entrata. Non immagina che in quella stanza c’è Marco Prato e che, per uno strano caso del destino, a breve incrocerà lo sguardo, gli occhi di quel ragazzo che ha intrapreso un viaggio di andata e ritorno verso l’orrore. Marco è tornato, per ricominciare una vita così lontana dalle notti mondane all’Isola Tiberina o dai party al Colle Oppio. E, soprattutto da quei maledetti chill out, le feste a base di droga e sesso che potevano durare anche quattro giorni. Come quella durante la quale, insieme a Manuel, si è accanito sul corpo di Luca Varani.

«Sono venuto qui a leggere – dice l’ex Pr e organizzatore di eventi ‘arcobaleno’ oggi calvo, senza toupet – ho chiesto dei romanzi francesi e mi sono stupito del fatto che li avessero anche qui». Indica la libreria, dietro di lui. Ha la voce flebile, ma non sembra essere sotto l’effetto di sedativi. Parla in maniera pacata, vuole ponderare le parole e guarda spesso verso il basso. Non sembra infastidito dalle domande del politico. Forse si aspettava una visita, oltre a quella del gip, di mercoledì, e a quelle del suo avvocato. Con lui, nella stanza, ci sono altre quattro persone. Presumibilmente sanno perché è lì.

Manuel, invece, è al primo piano, nella settima sezione, cella 14. Qui c’è la prima accoglienza, è qui che si trovano i detenuti arrivati da pochi giorni. Non quelli ritenuti a “rischio” e più bisognosi di tutele, come Marco. Il presunto killer di Luca Varani è seduto sul letto. La finestra non è grande, lo speciale vetro è scarabocchiato, fuori si vede un altro palazzo. Le grate che delimitano la cella sono chiuse. Manuel è solo. Sopra al letto c’è soltanto una coperta. Sul comodino un piatto, sono i resti del pranzo, bucce di arancia appoggiate alla rinfusa. Accanto, due pacchi di tabacco e due di sigarette. Quando vede arrivare il politico, si alza. Infila le mani tra le grate.

E’ alto, i capelli neri, corti. «Non sto male qui – esordisce, rispondendo al ragazzo che, poco prima, aveva incontrato Prato – Mi trattano tutti bene, non ho nessun problema». Indossa scarpe nere, un pantalone della tuta grigio, un maglione beige. Sotto, cinque strati di t-shirt molto visibili, di vari colori: nere, grigie. E’ lui a mostrarle. «Non ho freddo – esordisce – Vedete? Mi copro molto bene», e mostra il suo rimedio contro il freddo. «Gli altri carcerati che ho incontrato sono tranquilli», aggiunge. «Sto qui da domenica – ricorda- che devo fà», e ritira le mani che aveva infilato tra le sbarre per poi allargarle.