Massimo Giuseppe Bossetti, difesa: “Pronto all’ergastolo”

di redazione Blitz
Pubblicato il 12 Maggio 2016 - 12:59 OLTRE 6 MESI FA
Massimo Giuseppe Bossetti, difesa: "Pronto all'ergastolo"

Massimo Giuseppe Bossetti, difesa: “Pronto all’ergastolo”

BERGAMO – Massimo Giuseppe Bossetti è pronto all’ergastolo. Quello si aspetta dalla sentenza di primo grado che, con ogni probabilità, sarà pronunciata il 10 giugno. Ne parla Il Corriere della Sera:

Ora è arrivato il momento di tirare le somme. Domani lo farà il pm Letizia Ruggeri, il 18 maggio gli avvocati di parte civile Enrico Pelillo e Andrea Pezzotta, il 20 e il 27 i difensori Claudio Salvagni e Paolo Camporini. La sentenza per Massimo Bossetti, a processo per l’omicidio di Yara Gambirasio, arriverà a giugno. Il 10, forse. Sono trascorsi venti giorni dall’ultima udienza. Chiuso nella sua cella, Bossetti è giù per la pubblicazione da parte di alcuni giornali di stralci delle lettere spinte che ha scritto a una detenuta e che — è logico pensarlo — non devono aver fatto piacere alla moglie. Il supporto di Marita conta molto per lui, come lo è la famiglia per chiunque si trovi dietro le sbarre, da innocente o da colpevole. Rispetto alla sentenza, è fiducioso ma preparato al peggio. Così dice il suo avvocato Salvagni, che martedì gli ha fatto visita. «Mette in conto tutto, è preparato. È preoccupato, certo, ma è anche fiducioso. Dice che non smetterà mai di lottare per dimostrare la sua innocenza».

Nemmeno la difesa mostra di tentennare. Anzi, Salvagni (ri)lancia il guanto di sfida. «Agitato? Lo sarei molto di più se fossi il pm. Mi aspetto che chieda l’ergastolo, ma l’esito del dibattimento indica altro. Non è stata raggiunta la prova che permetta di andare oltre ogni ragionevole dubbio». Dubbio è una parola più volte ripetuta dagli avvocati dell’imputato. E questo fa intuire una strategia: richiesta di assoluzione con il secondo comma, la vecchia insufficienza di prove. Nel mirino c’è soprattutto il Dna. Kit scaduti, amplificazioni limitate, esiti contraddittori, la componente mitocondriale che non c’è: la difesa racconta un’altra storia scientifica rispetto a quella portata in aula dall’accusa. Solo che sulla prova regina la Corte ha detto no a una perizia: «L’approfondimento dell’istruttoria sul punto palesa come non decisivo ogni ulteriore accertamento».