Matteo Farina morto a 19 anni: studente modello e devoto, la Chiesa vuole beatificarlo

di Redazione Blitz
Pubblicato il 15 Marzo 2017 - 11:07 OLTRE 6 MESI FA
eo Farina morto a 19 anni: studente modello e devoto, la Chiesa vuole beatificarlo

Matteo Farina morto a 19 anni: studente modello e devoto, la Chiesa vuole beatificarlo

BARI – Matteo Farina era uno studente modello e devoto a Dio. Il giovane, morto a 19 anni per un tumore al cervello, era sempre stato attivo nella sua comunità religiosa e ora la Chiesa ne ha chiesto la beatificazione. Il prossimo 24 aprile la diocesi affronterà la sessione conclusiva per il processo di beatificazione e se l’esito sarà positivo Matteo diventerà il primo beato del Salento.

Nato ad Avellino, il giovane è cresciuto a Brindisi dove era conosciuto e benvoluto. Uno studente modello, bravo in matematica e chimica, e passione per la musica che andava d’accordo con la sua bella voce. Dopo la sua morte i genitori hanno fondato un’associazione e su Instagram e Facebook continua il suo ricordo. A ricordarlo nell’articolo di Sonia Gioia sul quotidiano Repubblica nell’edizione di Bari è anche Salvatore Giuliano, il preside dell’Itis Majorana, scuola che il ragazzo ha frequentato quanto era già malato:

“Preside, quando ha conosciuto Matteo Farina?
“L’ho incontrato per la prima volta a ottobre, anno scolastico 2008-2009. Io ero arrivato a scuola a settembre, lui era già ammalato gravemente e mancò da scuola a lungo. Quando finalmente poté ritornare a lezione venne a trovarmi con la mamma. I professori mi avevano preparato parlandomi a lungo di lui. Non solo e non tanto perché aveva una pagella con il massimo dei voti in tutte le discipline. E nemmeno perché fin da ragazzino era costretto a convivere con interventi al cervello, radioterapia e affini. Quella mattina mi raccontò la sua storia, quello che stava attraversando. Nella sua voce non vibrava ombra di rammarico, rabbia, dolore. Parlava con una serenità che mi colpì e mi atterrì insieme e capii quello che i professori volevano dirmi. Io, adulto, non riuscivo a capire da dove venisse la forza di quel ragazzino che avevo di fronte: di certo mi stava dando una delle lezioni più grandi che ho mai ricevuto nella mia vita”.

Le sue materie preferite, racconta il preside, erano chimica e matematica e il giovane Matteo aiutava sempre i suoi compagni di classi, che lo chiamavano “il moralizzatore”, mentre lui si definiva “un infiltrato tra i giovani e servo di Dio”:

“Era molto severo, con sé stesso e con gli altri. Ma nessuno lo ha mai preso in giro. Era un leader, gli altri ragazzi lo percepivano come la guida della classe, della scuola”.

Nella sua vita non mancava poi una passione per la musica e il ragazzo era il leader della band “No name”:

“Sì, faceva anche quello. Ma la band in cui lui era la voce nacque perché voleva stare vicino ad alcuni amici. Pare che qualcuno avesse preso o stesse per prendere una cattiva strada: per distoglierlo da cattive frequentazioni si inventò questa cosa del gruppo. Prendeva molto sul serio il suo ruolo di infiltrato, chiamato a ‘entrare tra loro silenzioso come un virus e contagiarli di una malattia senza cura, l’Amore’. È una delle cose straordinarie che ha scritto nel suo diario”.

E alla domanda della giornalista se Matteo Farina avesse mai dato la sensazione di essere “in odore di santità”, il preside racconta un aneddoto:

“Le racconto un aneddoto. Negli ultimi mesi di vita la scuola organizzò una festa in occasione del suo ritorno da Hannover: fu l’ultimo intervento e lui era già sulla sedia a rotelle. Festeggiammo tutti insieme. Alla fine della festa lo accompagnai fuori, rimanemmo da soli.  Sapevo che non l’avrei rivisto, lo sentivo. Mi disse: ‘Preside, farai grandi cose. Vai avanti e non avere mai paura”. Fu profetico. La digitalizzazione della scuola all’epoca non era ancora partita. Mi ricordo quella scena come fosse ieri. Fu profetico”