Meredith. Amanda Knox, come andrebbe l’ipotetica estradizione

Pubblicato il 27 Marzo 2015 - 17:39 OLTRE 6 MESI FA
Amanda Knox

Amanda Knox

ROMA – Se la Cassazione condannerà definitivamente, per l’omicidio di Meredith Kercher, Raffaele Sollecito e Amanda Knox, per quest’ultima, che vive a Seattle, stato di Washington, potrebbe riaprirsi l’iter dell’estradizione. Con quali reali possibilità di portarla in Italia, è difficile dire, visto che in passato gli Usa hanno spesso detto no. E negli ultimi giorni fonti di stampa hanno anche ipotizzato una sua gravidanza, il che renderebbe il tutto ancor più difficile.

L’estradizione è un meccanismo di cooperazione internazionale tra Stati e prevede che un Paese consegni a un altro un soggetto per sottoporlo a giudizio, nel caso di estradizione processuale, o per procedere all’esecuzione di una pena definitiva, in caso di estradizione esecutiva, come sarebbe per la Knox. Diverse le fonti normative: la Costituzione (art. 10, 26, 27), il codice di procedura penale (artt. 696-722), gli accordi bilaterali tra stati. Uno dei presupposti cardine di tali intese è che il fatto oggetto del procedimento penale sia previsto come reato tanto dalla legge italiana quanto da quella straniera.

Italia e Usa hanno stipulato un Trattato di Estradizione il 3 maggio 2006. Nè questo trattato nè il codice di procedura penale prevedono alcun termine di prescrizione per la richiesta di estradizione, a prescindere dal titolo di reato: un causa ostativa può essere l’avvenuta prescrizione della pena, ma ovviamente non è questo il caso. Due le tappe dell’istanza. Nel caso Knox spetterà alla Procura Generale presso la Corte di Appello di Firenze, che ha emesso la sentenza impugnata in Cassazione, richiedere al Ministro della Giustizia la diffusione delle ricerche in ambito internazionale, e non l’estradizione, che potrà essere chiesta solo dopo l’arresto.

Una volta individuato il luogo in cui si trova il condannato, la Procura Generale si attiva presso il ministro affinchè formuli la richiesta di estradizione alle autorità straniere competenti. Richiesta che il Guardasigilli può anche avanzare direttamente così come può decidere di non presentare la domanda o di differirne la presentazione dandone comunicazione all’autorità giudiziaria richiedente.

Tutto questo iter potrà mettersi in moto, però, solo dopo il deposito delle motivazioni della sentenza della Cassazione: l’art. 617 del codice di procedura penale prevede al massimo 30 giorni dalla decisione, ma si tratta di termini non perentori. Se la domanda, tramite ambasciata, sarà inoltrata negli Usa il primo interlocutore sarà il Dipartimento di Stato, che dovrà stabilire se è conforme al trattato. In caso positivo, la questione passerà nelle mani del dipartimento alla Giustizia, che convocherà Amanda, la quale dovrà difendersi davanti ai giudici americani per dimostrare che non ci sono gli estremi per accettare la richiesta italiana.

Intanto “Amanda non chiude occhio, non dorme e aspetta sulle spine la decisione della Cassazione. E’ a Seattle con i suoi genitori, l’ho appena sentita ed è molto preoccupata”. Lo ha detto l’avvocato Carlo Dalla Vedova che difende la Knox, parlando al termine dell’udienza in Cassazione.