“Non ho ucciso Milena Sutter”: il biondino della spider rossa vuole far riaprire il caso

Pubblicato il 4 Maggio 2011 - 23:25 OLTRE 6 MESI FA
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Milena Sutter

GENOVA – La data che aspetta più di ogni altra è quella del 16 giugno. Quel mercoledì, infatti, Lorenzo Bozano, in carcere dal 1979 con una condanna di omicidio sulle spalle, saprà se gli verrà concessa o meno la semilibertà. Anche il 16 giugno, per l’ex “ragazzo con la spider rossa” condannato per l’assassinio della tredicenne Milena Sutter potrebbe però essere semplicemente la data di un nuovo inizio.

Nonostante 23 indizi di colpevolezza e 32 anni di carcere, infatti, Bozano non ha mai smesso di dichiararsi innocente ed ora è pronto a partire coi suoi legali verso una nuova richiesta di revisione del processo. Scrive Alessandra Pieracci sulla Stampa che un tentativo simile fu fatto anche nel 1992 e non ne venne fuori nulla. Stavolta, però, i suoi legali sono convinti che qualcosa di nuovo c’è.  A parlare è uno degli avvocati, Paolo Loria: “Ho esaminato le carte e mi sono convinto. Depositerò il ricorso presso la corte d’appello di Torino”.

Il delitto. E’ il 13 maggio 1971, cinque del pomeriggio. Milena Sutter, 13 anni, come tutti i giorni esce dalla scuola svizzera. A casa, però, non torna mai più. Milena è figlia di un importante imprenditore della cera e quindi si pensa subito al sequestro per estorsione. La pista è confermata nella giornata successiva quando arriva una telefonata con la richiesta di riscatto: 50 milioni di lire.

Passa una settimana di richieste, indagini e speranze. Il 20 maggio, però, il mare restituisce il corpo di Milena all’altezza della spiaggia Priaruggia. La ragazzina è zavorrata da una  cintura da subacqueo,uno degli elementi giudicati decisivi per la condanna di Bozano.

Lorenzo Bozano finisce quasi subito nel mirino degli investigatori. E’ un colpevole perfetto: è giovane, belloccio e sbandato, 25 anni, ricco e nullafacente. Passa le sue giornate in giro sulla spider rossa, un’Alfa Romeo, passeggiando avanti e indietro anche nella zona della scuola svizzera.  Ricco di famiglia ma di fatto “ripudiato”, Bozano ha anche l’hobby delle immersioni subacquee. Quando l’acqua restituisce il cadavere di Milena la cintura è per i pm l’elemento che lo incastra. Il biondino della spider (che poi è castano ma gli inquirenti non vanno troppo per il sottile) finisce in carcere e alla sbarra.

Dall’assoluzione alla condanna. In primo grado, però, Bozano viene assolto con una formula che oggi non è più prevista, quella dell’insufficienza di prove. In appello e cassazione, però, i 23 indizi (se vale il proverbio corrispondono a 7,6 periodico prove) hanno la meglio e Bozano prende l’ergastolo. Nel frattempo, siamo tra il 1975 e il 1976, “il biondino” è fuggito. La polizia lo prende nel 1979 e Bozano resta dentro fino al 1991 quando scattano le misure che prevedono il lavoro esterno al carcere.

Non finisce bene: Bozano durante le ore all’esterno avvicina due minorenni. Approcci troppo disinvolti per uno che, siamo nel 1991, ha già 45 anni. Approcci che gli costano la sospensione per la semilibertà di cui, infatti, non si parla più per altri 2o anni.

I dubbi. Bozano in ogni caso continua a dirsi innocente. Il fatto di non essere uno stinco di santo, in effetti, non ne fa automaticamente uno in grado di strangolare una bambina, zavorrarla e gettarla in fondo al mare. Per i suoi legali ci sono dubbi, omissioni e dati che consentono una riapertura del processo. Quali? Innanzitutto il diario della vittima. C’è il nome di un altro ragazzo, biondo davvero, e che all’epoca dei fatti aveva 28 anni e non 25. Non solo: Milena, quel giorno, aveva un appuntamento con una sua amica, Isabelle Delsaux. I legali di Bozano sostengono che la ragazza non sia mai stata ascoltata.

Quindi gli elementi relativi alla morte. La cintura da sub, spiega Bozano, non può essere la sua: “Era intera, le mie sono state sempre tagliate di 20 centimetri. Quella aveva cinque pesi, la mia solo quattro ed era stata venduta a un’asta alcuni mesi prima”.  Non è in sé un elemento decisivo, è vero. Potrebbe averne acquistata una diversa proprio per far sparire il corpo di Milena. Infine la data della morte della ragazza. Nel 1971 si stabilì che era stata uccisa subito dopo il sequestro, massimo un’ora dopo. La perizia di allora, effettuata da Pierluigi Baima Bollone, si presta però ad interpretazioni alternative. Centrale è il cibo trovato nello stomaco di Milena: secondo i legali non è quello che aveva mangiato il giorno della scomparsa. E se Milena fosse stata uccisa qualche giorno più tardi allora Lorenzo Bozano sarebbe in grado di provare, spostamenti alla mano, la sua innocenza.

Batseranno questi elementi a far riaprire un processo chiuso da 34 anni  con una condanna suffragata da 23 indizi ma senza una prova definitiva?

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