Mps, accordo segreto con Santander nella compravendita Antonveneta?

Pubblicato il 28 Gennaio 2013 - 10:24 OLTRE 6 MESI FA

SIENA – La banca Antonveneta venne prima comprata dalla spagnola Santander, nel 2007, e poi acquistata da Mps pochi mesi dopo. Tra la prima e la seconda compravendita c’è una differenza di circa 4 miliardi e il sospetto degli inquirenti è che Santander e Mps siano state d’accordo nel sovrastimare l’Antonveneta in modo da ripartirsi la “stecca”. L’ultima novità dall’inchiesta la spiega Fiorenza Sarzanini sul Corriere della Sera:

Il patto tra le banche – Sono gli ordini di perquisizione notificati il 9 maggio scorso a svelare quale sia il nocciolo dell’inchiesta. E per quale motivo siano finiti nel registro degli indagati l’ex direttore generale Antonio Vigni e gli ex sindaci Tommaso Di Tanno, Leonardo Pizzichi e Pietro Fabretti. Adesso l’indagine si è allargata coinvolgendo Mussari, il presidente della Fondazione Gabriello Mancini, l’ex direttore generale dell’ente Mario Parlangeli e l’attuale, Claudio Pieri. E con un faro acceso sull’attività di Gianluca Baldassarri, direttore dell’Area finanza fino allo scorso anno. Dopo l’esborso di oltre 10 miliardi e l’accollo dei debiti per ulteriori otto miliardi, bisogna ripianare il bilancio. Le ricapitalizzazioni e i prestiti del Tesoro non sono evidentemente sufficienti. E così i titoli Mps in portafoglio alla Fondazione finiscono in pegno a undici istituti di credito, una sorta di cordata guidata da Jp Morgan che coinvolgeva anche Mediobanca.

L’esame dei documenti effettuato in questi otto mesi dimostra che per sanare la voragine nei conti aperta con l’acquisto di Antonveneta furono messe in piedi operazioni ad altissimo rischio come i bond fresh del 2008 e quelle sui derivati. Ma non solo. I magistrati sono convinti che il valore delle azioni sia stato gonfiato dai dirigenti di Mps e che queste manovre speculative siano andate avanti anche negli anni successivi, in particolare tra giugno 2011 e gennaio 2012. Obiettivo: nascondere un disastro finanziario che i vertici del Monte Paschi avevano invece escluso. Non a caso nei decreti di perquisizione del maggio scorso viene evidenziato come «la documentazione acquisita e le informazioni testimoniali fanno emergere l’ostacolo all’attività di vigilanza della banca d’Italia poiché risulta che organi apicali e di controllo di Mps, contrariamente al vero rappresentavano che la complessiva operazione realizzava il pieno e definitivo trasferimento a terzi del rischio d’impresa e che la stessa non contemplava altri contratti oltre quelli già inviati».