Omicidio Roberta Lanzino. L’avvocato Nucci: “Notizie inesatte, la Corte deve ancora decidere sulle intercettazioni”

Pubblicato il 7 Ottobre 2010 - 15:39 OLTRE 6 MESI FA

“La Corte non ha ancora deciso sull’ammissibilità delle intercettazioni ambientali ” effettuate dalla Procura della Repubblica di Paola nel carcere di Turi, a Bari, dove è detenuto Francesco Sansone. L’agricoltore calabrese, già condannato per l’omicidio di Roberta Lanzino, la studentessa stuprata e uccisa a Torremezzo di Falconara Albanese nel 1988, è al momento sotto processo per l’omicidio di Luigi Carbone, l’altro assassino di Roberta.

L’avvocato Ornella Nucci, legale della famiglia della vittima, ha rettificato al nostro giornale la notizia battuta ieri, 6 ottobre, dalle agenzie, secondo le quali la Corte d’Assise di Cosenza avrebbe rifiutato la richiesta di ammettere come prova le intercettazioni ambientali.

“I giudici si sono riservati di decidere – spiega l’avvocato – quando il pubblico ministero completerà la documentazione relativa al deposito delle intercettazioni. Il 23 novembre prossimo”. Una precisazione dovuta, spiega il legale, “perché durante questo processo” che dura ormai da più di 20 anni “sono state molte le informazioni inesatte o totalmente sbagliate. Quella di ieri è una di queste”.

Tra le intercettazioni ambientali ce ne sarebbe una in cui, rivela la Nucci, “Sansone a colloquio con un familiare si accordava sulla tesi da sostenere durante il processo”.

Il 26 luglio del 1988 Roberta Lanzino, 19 anni, stava andando in una casa al mare a Torremezzo (frazione di Falconara Albanese, Cosenza) col suo motorino. Sulla strada era stata seguita e poi raggiunta da una Fiat 131 Mirafiori chiara. I due passeggeri dell’auto l’avevano aggredita, seviziata, violentata e brutalmente uccisa. L’autopsia aveva rilevato un profondo taglio alla gola, numerose ferite sul corpo e una caviglia slogata.

L’inchiesta sulla morte di Roberta fu chiusa inspiegabilmente e poi riaperta nel 2007. Francesco Sansone era stato già stato condannato a 30 anni di reclusione per altri due omicidi commessi nel 1989 e nel 1990, quello della sua ex fidanzata Rosaria Genovese  strangolata e gettata in un pozzo a Cavone di San Lucido (Cosenza) perché colpevole di aver rivelato alcuni particolari dell’omicidio Lanzino, e quello del maresciallo della polizia penintenziaria. Nel 2008 l’agricoltore era stato ritenuto colpevole anche dell’omicidio della studentessa.

Oggi Sansone, il padre Alfredo di 73 anni e il fratello Remo di 46 sono sul banco degli imputati perché  accusati di aver assassinato e fatto sparire il cadavere di Luigi Carbone, complice dell’omicidio della giovane studentessa.