Omicidio Pontelangorino, parla il padre dell’amico: “Si è fatto comprare”

di redazione Blitz
Pubblicato il 12 Gennaio 2017 - 11:36 OLTRE 6 MESI FA
Omicidio Pontelangorino, parla l'amico del figlio della coppia: "Si è fatto comprare"

Omicidio Pontelangorino, parla l’amico del figlio della coppia: “Si è fatto comprare”

FERRARA – Coppia uccisa a colpi d’ascia in casa a Pontelangorino di Codigoro (Ferrara), parla il padre dell’amico del figlio di Salvatore Vincelli e Nunzia Di Gianni: “Mio figlio è un ragazzo buono ma è debole, si è fatto comprare”.

Intervistato da Niccolò Zancan della Stampa, il padre del ragazzo, 17 anni, descrive un giovane fragile: “Adesso ho paura che si ammazzi”. Un ragazzo che andava male a scuola e che aveva bisogno di soldi: era stato bocciato due volte all’esame per il patentino, i genitori gli avevano negato i soldi per tentarlo di nuovo, e così, forse, la promessa di mille euro da parte dell’amico più benestante lo ha portato a fare quel che ha fatto. Che cosa precisamente non è ancora chiaro: i due ragazzi sono stati fermati poche ore dopo il duplice omicidio e hanno confessato. Sono accusati di duplice omicidio aggravato dalla premeditazione. Sarebbe stato proprio l’amico del figlio delle vittime a dare i colpi mortali con l’ascia. 

A portare all’omicidio, forse le continue liti che il figlio della coppia aveva con la madre per i brutti voti a scuola. Lui e l’amico erano accomunati da una vita fatta più di Playstation, palestra e discoteca che da studi. E con i soldi l’uno avrebbe convinto l’altro ad aiutarlo nell’assassinio.

“Quanti soldi, esattamente, io non lo so dire. Ma hanno sequestrato quel portafoglio a casa mia, l’ho visto con i miei occhi, era zeppo di contanti, ha raccontato il padre alla Stampa. Mio figlio è un debole. Non si lusinga la gente così. Con la ricchezza. Il suo amico l’ha convinto con quella somma di denaro. È per quello che l’ha fatto”.

Il padre racconta le condizioni in cui vivono lui, la moglie e i suoi tre figli: non sono ricchi, tutt’altro. E questo probabilmente faceva male al figlio.

“Io sono di razza contadina. Per me ti devi impegnare per avere qualcosa, solo così la ottieni. Quando mio figlio si è fatto bocciare la seconda volta per il patentino, io gli ho detto di arrangiarsi. (…) Ma quell’altro, il suo amico, stava bene e pretendeva sempre di più. Aveva lo scooter, il telefono da 700 euro, i vestiti tutti firmati. Detestava la madre perché lo sgridava duramente, cercava di mettergli un freno. (…) Lo sapevo anche io, ma chi poteva immaginare una cosa simile?”.

Il figlio aveva frequentato prima l’istituto tecnico di R a Codigoro, poi, visti gli scarsi risultati, si era iscritto alla scuola di formazione professionale privata Cfp Cesta, con l’obiettivo di diventare operatore della pesca e dell’acquacoltura. Ma a lezione non si presentava quasi mai.

La notte dell’omicidio, racconta il padre del ragazzo, i due amici

“Erano andati a dormire a casa di R. Io e mia moglie li vediamo tornare alle sei del mattino. Sono insieme sullo scooter. Mio figlio era pallidissimo. Mi ha detto che si sentiva poco bene. Hanno dormito qui in questa stanza, dove hanno poi trovato il portafoglio. Si sono svegliati alle 10:30 del mattino. R sembrava tranquillissimo, davvero. (…) Verso le 13:30 R ha salutato per andare a casa di suo zio. È stato un po’ più tardi, verso le quattro del pomeriggio, che mio figlio è venuto a darmi la notizia. Mi ha detto di averla letta su Facebook. I genitori di R erano stati uccisi. Piangeva, gli ho detto che era nostro dovere andare subito davanti alla casa della famiglia Vincelli per dire ai carabinieri tutto quello che poteva essere utile”.

Ma quel giorno M non parlava, ripeteva solo la versione secondo cui si era sentito poco bene. La seconda notte sono arrivati a prenderlo i carabinieri:

“Ero con mio figlio, gli ho chiesto se c’entrasse qualcosa. Ma lui continuava a negare. L’ho visto entrare nella caserma di Comacchio verso le 5 del mattino. Alle 9 è uscito fuori, mi è venuto incontro, mi ha guardato e ha detto: “Perdonami, papà”. Gli ho tirato uno schiaffo, sono scoppiato in lacrime. Più tardi, i carabinieri hanno sequestrato quel portafoglio. È stato mio figlio a portarli al canale, i vestiti sporchi di sangue erano dentro il mio borsone da calcio rosso. Mi ha sconvolto. Significa che l’aveva portato da casa quella sera, vuol dire che ci avevano pensato a quello che stavano per fare”.

E’ stato proprio il figlio a portare i carabinieri all’ascia:

“L’ha fatta ritrovare vicino al campo sportivo. Ora ho paura che si ammazzi. È un ragazzo buono, ma è un debole. Secondo me erano sconvolti da qualche sostanza. Erano drogati. In carcere era disperato. Mi ha chiesto un pacchetto di sigarette. Gli ho detto che io e sua mamma gli staremo sempre vicini, anche se quello che ha fatto è troppo grande, troppo…”.