Palermo, cimitero di mafia in una grotta: 7 cadaveri, chi sono?

di redazione Blitz
Pubblicato il 10 Ottobre 2016 - 21:43 OLTRE 6 MESI FA
Palermo, cimitero di mafia in una grotta: 7 cadaveri, chi sono?

Palermo, cimitero di mafia in una grotta: 7 cadaveri, chi sono?

PALERMO – E’ stata sequestrata dai carabinieri l’area di contrada Casalotto, a Roccamena (Pa), dove lo scorso 5 ottobre è stato trovato un cimitero di mafia. Martedì si concluderanno le operazione per il recupero dei corpi (effettuato dai vigili del fuoco del Saf) dalla caverna naturale dove erano stati gettati sette cadaveri, anche quello di una donna. I resti saranno portati all’istituto di Medicina legale del Policlinico di Palermo. Nella zona, oltre al nucleo speciale dei pompieri hanno operato i carabinieri di Monreale. Le indagini sono coordinate dai pm della procura di Palermo Sergio Demontis e Siro De Flammineis.

Saranno i carabinieri del Ris a effettuare le comparazioni del dna dei frammenti scheletrici con quello delle persone scomparse una trentina di anni fa nella zona: a quell’epoca risalirebbero, anche in base all’esame dei brandelli di abiti ritrovati, i cadaveri. Tra i resti ritrovati anche una scarpa femminile rossa. L’unica donna sparita nella zona è Antonina Altamore, scomparsa nel nulla nel 1975. Il giallo non è stato mai risolto.

Tra le vittime di lupara bianca mai più ritrovate anche Giuseppe Branda, di Roccamena, di cui si sono perse le tracce nel 1981. La sua morte presunta è stata dichiarata nel 1990. Branda, che lavorava alla costruzione della diga Garcia, era sospettato di far parte di una banda di ladri di bestiame. Venne fermato mentre era in auto con un altro operaio e sequestrato da un gruppo di persone, racconta il testimone oculare, vestite da carabinieri. Ma di lui non si sono più avute notizie. A dare agli investigatori l’input che ha portato alla scoperta della grotta, impossibile da individuare senza una segnalazione precisa, sarebbe stata una fonte confidenziale, ma in Procura sulla genesi dell’indagine c’è il massimo riserbo. Dietro al ritrovamento, comunque, non ci sarebbe un collaboratore di giustizia. Sembra dunque escluso il coinvolgimento del neopentito Nino Pipitone, mafioso di Carini, che non avrebbe alcun ruolo nella scoperta.