Palermo, killer con la benzina si pente. Si pentono…se li prendono

di Alessandro Camilli
Pubblicato il 13 Marzo 2017 - 12:30 OLTRE 6 MESI FA
Palermo, killer con la benzina si pente. Si pentono...se li prendono

Palermo, killer con la benzina si pente. Si pentono…se li prendono

ROMA – Palermo, poche notti fa: ha in mano un secchio, dentro ci ha messo la benzina. Rovescia, anzi spalma in tre secchiate la benzina su un giaciglio in strada dove sa che dorme un uomo che gli sta sullo stomaco. Fa tre passi indietro per prendere lo spazio, vede che il bersaglio umano si sta svegliando, veloce accende quel che ha in mano e dà fuoco a tutto, uomo compreso. Uccide, brucia vivo un altro essere umano. E lo fa con premeditazione, odio, determinazione e piena volontà. Ora, una manciata di giorni dopo, il killer con la benzina, Giuseppe Pecoraro, dice: “Mi pento”. E aggiunge, bontà sua: “Non lo rifarei”.

Il “non lo rifarei” dà un tocco di grottesco alle parole dell’assassino e alla cronaca che le riporta (La Repubblica). Chissà se davvero ha detto “non lo rifarei” e chissà se lo ha detto davvero se era in grado di cogliere la macabra e patetica valenza di una frase così. Di certo il killer si è detto “pentito”. Questo è sicuro, si è detto pentito e non è detto neanche glielo abbia dovuto dire il suo avvocato di dirsi così. Ormai dichiarasi pentito dopo aver fatto qualunque cosa viene naturale, ovvio. Come lavarsi le mani dopo aver toccato una cosa sporca e untuosa, ci si lava e via. Magari sfregando un po’, ma alla fine mani lavate.

E così come fanno da qualche tempo per i Tribunali e anche la stampa e la televisione quelli che qualche cristiano lo ammazzano subito dopo se ne pentono. E giurano, poverini, di aver agito in preda al “raptus”. Con la sponda alquanto ignorante ma molto disponibile di vasti settori della comunicazione diventa personaggio principale questo raptus. Che però è un personaggio immaginario. Il raptus cui si appellano gli omicidi e che fa tendenza sui giornali, in tv e sui social è cosa diversa da quello che raramente appare in letteratura clinico-medica. Il primo è prezzemolo su ogni minestra criminale, il secondo è patologia acclarata.

Il raptus che viene invocato sempre quasi sempre non esiste, o meglio è questa singolare tesi: ho perso il controllo di me stesso e quindi non sono punibile, o almeno punitemi poco. Sulla base di questo argomento capzioso nessuno è mai pienamente responsabile del crimine che commette, salvo i killer di professione. Ma un raptus è come la mela che evita il medico…un raptus leva la galera di torno. Quasi sempre funziona.

Si pentono, si pentono subito…dopo che li hanno presi. Giuseppe Pecoraro non era pentito di aver trasformato Marcello Cimino in una torcia quando si è tagliato la barba per non farsi riconoscere. E nemmeno era pentito quando ha cercato di nascondere le bruciature alla mano e al braccio. E nemmeno era pentito quando gli hanno chiesto cosa fossero quelle bruciature e lui ha detto: la macchina del caffè. No, si è pentito solo dopo che l’hanno preso. In tempo, nel tempo giusto perché il pentimento diventi strategia processuale ed espediente per alleggerire la pena.

Il pentimento infatti finisce di fatto per essere un’attenuante. Ma quando ha questo spessore e questa cifra, allora meriterebbe di essere un’aggravante.