La versione di Piero Marrazzo: “Ecco perché incontravo i trans”

Pubblicato il 15 Agosto 2011 - 09:42 OLTRE 6 MESI FA

ROMA -in una intervista al quotidiano la Repubblica, l’ex presidente della Regione Lazio Piero Marrazzo ha raccontato la spiegazione data alla propria figlia sullo scandalo che lo ha travolto nel 2009: “Le ho detto che sono capitato alla festa sbagliata”. A mesi dalla sua scomparsa dalla scena pubblica, lo sventurato Marrazzo, deriso dai machos italiani e scaricato dal suo partito, riemerge con una intervista che presenta alcune importanti contraddizioni con quanto emerso nei mesi dello scandalo. Ma il tempo, si sa, sbianca la memoria e fa sbiadire i ricordi. E alla fine, anche se Marrazzo dà una versione della sua vita un po’ troppo ad usum delphinae, merita che faccia sentire la sua voce, per la rapidità con cui si è dimesso, dopo lo scandalo, e per l’ipocrita voltafaccia del Pd.
Oggi, dopo due anni da quella notte a via Gradoli, sente di dover chiedere scusa: “Un errore più grande di tutti questi. Una mia fragilità di fondo, un bisogno privato e così difficile da spiegare, una mia debolezza. Un uomo che assume un incarico pubblico non può avere debolezze. Le deve controllare. Per questo mi sono dimesso, per quanto fossi vittima di un reato come oggi quei rinvii a giudizio dicono (sono otto le persone rinviate per tentata estorsione nei suoi confronti, ndr). Vittima, non colpevole. Ma l’aspetto giudiziario è secondario: so di non aver commesso reati, di non aver violato alcuna legge. Umanamente però, nei confronti della mia famiglia, e politicamente, verso i miei elettori e la comunità che governavo, ho sbagliato. Così mi sono dimesso”.

Marrazzo è stato duramente criticato per aver fatto uso dell’auto di servizio per le sue visite a via Gradoli, dove si trovava le trans Brenda e Natalì. “È vero. È stata in molti anni la prima volta che è successo. Avevo sempre usato la mia macchina. Quel giorno ero confuso, stanco, ho avuto un impulso di andare lì subito. Un impulso, ecco un errore grave. C’erano anche ragioni di sicurezza: non avrei mai dovuto muovermi da solo – secondo le regole – e ogni volta che lo facevo era complicatissimo. Quel giorno non ho avuto l’energia di allestire un meccanismo complicato. Ero stanco, volevo andare lì e dimenticare il resto. Ho fatto parcheggiare lontano, ma certo questo non scusa. È stata la prima volta, e naturalmente l’ultima”.

E poi la droga, ritrovata della stanza: “Non faccio uso di droghe. Mi sarà successo tre o quattro volte nella vita, a distanza di molti anni. Da ragazzo, un paio. Un paio da adulto. Sono pronto a fare l’analisi del capello per dimostrarlo. So che non è un argomento, ma sono certo che moltissimi “insospettabili”, anche tra gli attuali miei censori, non potrebbero dire altrettanto. Quel giorno è successo: anche in questo ho sbagliato. Penso al messaggio devastante che ho mandato, soprattutto ai più giovani”.

Marrazzo un frequentatore abituale di trans? “Assolutamente no. Per anni non ho visto nessuno. Mi era capitato in passato di avere rapporti con prostitute, come a volte agli uomini accade – specie se oberati dal dovere di essere all’altezza delle aspettative, pubbliche e private. Ho fatto un intenso lavoro terapeutico in questi anni per capire. Intendo capire le ragioni del mio comportamento”.

“So che non è bello da sentire e non è facile da dirsi, ma una prostituta è molto rassicurante. È una presenza accogliente che non giudica. I transessuali sono donne all’ennesima potenza, esercitano una capacità di accudimento straordinaria. Mi sono avvicinato per questo a loro. È, tra i rapporti mercenari, la relazione più riposante. Mi scuso per quel che sto dicendo, ne avverto gli aspetti moralmente condannabili, ma è così. Un riposo. Avevo bisogno di suonare a quella porta, ogni tanto, e che quella porta si aprisse”.

Poi c’è stato il video, i ricatti, e l’inchiesta in corso sui carabinieri corrotti che avrebbero orchestrato il tutto per soldi: “Aspettavano che arrivassi. Era successo altre volte. È un giro così. Ho saputo nei mesi successivi che quei cosiddetti rappresentanti dell’ordine erano coinvolti in molti altri episodi. Un sistema. Avrei dovuto accorgermene ma le difese, come le ho spiegato, in quei momenti sono molto basse. Non dimentichi, comunque, che nel mio caso è scattata l’azione giudiziaria solo perché io ho denunciato i fatti. È il nodo centrale: tutto è avvenuto perché ho denunciato, testimoniato. Se non l’avessi fatto nulla sarebbe emerso”.

La decisione di denunciare tutto dopo una telefonata: fu Berlusconi ad avvisare Marrazzo che circolava quel video compromettente, al premier la notizia era arrivata proprio perché quel filmato era stato offerto ad una delle testate controllate dalla sua famiglia.

Oggi Piero Marrazzo, che vive separato dalla moglie Roberta Serdoz che pure gli era stata accanto a scandalo scoppiato, gira documentari per la Rai. E la politica? Tornerebbe dopo una vicenda di ricatti? “Ero ricattabile, sì. Infatti è andata com’è andata. Però vorrei che si ricordasse sempre che mi sono dimesso, che era una debolezza privata, che non ho fatto torto a nessuno se non alla mia famiglia. Che la corruzione era in chi avrebbe dovuto proteggerci e non credo alle “mele marce”, non posso credere che nessuno vedesse e sapesse tra chi comandava quel nucleo criminale. Che gli interessi enormi che ho toccato sono ancora tutti lì, che le vicende umane sono state devastanti per molti e letali per alcuni. Ma io sono il figlio di Joe Marrazzo, mio padre lo voleva morto la mafia. Ho sbagliato e chiedo scusa, lo chiederei a lui prima che agli altri se fosse qui. Per il futuro vedremo, nessuno di noi può darselo da solo. Sconto il mio errore come è giusto. La vita è davanti”.