Quando i “bulli di Facebook” spingono al suicidio: da Amanda Todd a Carolina Picchio

di Gianluca Pace
Pubblicato il 10 Aprile 2013 - 18:13| Aggiornato il 3 Gennaio 2023 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Carolina Picchio, Amanda Todd, Andrea, il ragazzo dai pantaloni rosa, Tim Ribberink fino a Rehtaeh Parsons, adolescente canadese che si è impiccata in bagno domenica 7 aprile nella sua casa in Nova Scotia. Lungo, triste e drammatico l’elenco delle vittime del cyberbullismo. Il bullismo – anonimo e vigliaccio – ai tempi di Facebook. Molestie, insulti e minacce tramite il Web, tramite i Social Network.

Amanda Todd il primo caso. 15 anni. Un seno mostrato su internet ad uno sconosciuto, una bravata da adolescente. Poi la foto che si diffonde su Facebook, diventa virale, viene pubblicata sulla bacheca di tutti gli amici. Ogni condivisione una pugnalata alla schiena. Fino al suicidio. Prima però un messaggio disperato su YouTube.  Un video di 10 minuti in cui, con numerosi bigliettini, spiegava la sua storia.

“Cari mamma e papà, tutta la mia vita sono stato deriso, preso in giro, menato ed escluso dagli altri. Voi siete meravigliosi. Spero non vi arrabbierete. Fino a quando non ci incontreremo di nuovo”. 14 novembre 2012. Questo l’ultimo messaggio ai genitori di Tim Ribberink, ventenne olandese, prima di suicidarsi. I genitori decidono di pubblicare il messaggio, l’ultima disperata lettera sui giornali per combattere i bulli, per fermare la ‘mattanza’. Voleva diventare un insegnante di storia. Gli amici lo prendevano in giro sul Web: “Sono un perdente e un omosessuale”.

22 novembre 2012. Il Corriere della Sera racconta la storia di un quindicenne di Roma, un ragazzino che non aveva paura ad indossare jeans rosa e smalto, “il ragazzo dai pantaloni rosa”. La storia ha commosso l’Italia. E’ stato il padre a ritrovare il suo corpo appeso alle scale. Anche il fratello più piccolo era in casa quando è successo. La sua morte però rimane avvolta ancora dal mistero. Andrea veniva preso in giro per i suoi vestiti, perché era gay. Ma ancora non è chiaro cosa abbia spinto Andrea al suicidio. “Motivi intimi” forse. Bullismo continua a sostenere qualcun altro.

4 gennaio 2013. Carolina Picchio, studentessa delll’Itc ‘Pascal’ di Romentino, piccolo centro di Novara, decide di farla finita e si butta dal balcone del terzo piano dell’abitazione del padre. Gli amici, disperati, riversano la loro rabbia su Facebook e Twitter dove nasce l’hashtag #RIPCarolina, un atto d’accusa contro i bulli, anche compagni di scuola, che avrebbero più volte insultato Carolina. Nessuna lettera d’addio ma “Carolina soffriva” affermano gli amici. Soffriva perché presa in giro su Facebook. 

Sul social network in blu le cattiverie maggiori “venivano da un ex fidanzatino protagonista di alcuni messaggi ritenuti acidi. Inoltre apparve in rete un video in cui dei ragazzi prendevano in giro la giovane, registrato durante una festa a cui aveva partecipato Carolina lo scorso 4 gennaio, ovvero poche ore prima di morire”.

“E la negra ce le busca”. Da Novara a Grosseto. E’ il 19 febbraio 2013. Su YouTube viene pubblicato un video, video in cui una ragazzina mulatta viene picchiata da coetanei. el filmato si vedono alcuni ragazzi che circondano una mulatta: le tirano i capelli, la prendono a calci e schiaffi, e ricoprendola di offese razziste. Da Grosseto a Nuoro. E’ il 20 marzo 2013. La pagina Facebook del Liceo Asproni di Nuoro è  trasformata da alcuni alunni in uno spazio dove poter offendere diversi studenti gay, con tanto di nome e cognome. La pagina è cancellata dopo poche ore ma gli studenti si organizzano e decidono di protestare contro l’omofobia e il bullismo.

In questi giorni l’ultimo caso. Rehtaeh Parsons, 17 anni, si è impiccata in bagno domenica 7 aprile nella sua casa in Nova Scotia, Canada. Depressa e disperata dopo esser stata violentata durante una festa da un gruppo di coetanei quando aveva 15 anni. Umiliata dopo che le foto della violenza sessuale vengono pubblicate su Facebook. Un click, una condivisione per trasformare la vita in un incubo. Prima viene emarginata, poi le chiamate: “Sei una t…a”, “Vuoi fare sesso con me?”. La denuncia, inutile, alla polizia, poi il suicidio. In ogni suicidio una sconfitta, una nuova sconfitta per Facebook e il Web. Nessuna illusione. Il Web non è meglio della realtà che ci circonda.