Racconto choc di un ex militare: “Io stuprato alla Cecchignola da branco di commilitoni”

di redazione Blitz
Pubblicato il 18 Luglio 2017 - 09:37 OLTRE 6 MESI FA
Racconto choc di un ex militare: "Io stuprato alla Cecchignola da branco di commilitoni"

Racconto choc di un ex militare: “Io stuprato alla Cecchignola da branco di commilitoni”

ROMA – Stuprato da un branco di suoi ex commilitoni nella caserma di Cecchignola. E’ il racconto choc che un ex militare della Cecchignola consegna a Fabrizio Peronaci per il Corriere della Sera. L.D. 53 anni, oggi assessore in un Comune in provincia di Torino, ha trovato la forza di rivelare l’atroce violenza subita 35 anni fa. Un incubo che è stato costretto a portarsi dentro e che lo ha perseguitato per tutta la vita.

Nel 1982 L.D. era ancora un ragazzino, partito a 17 anni dal suo paesino natìo in Piemonte in direzione di Roma per il servizio di leva obbligatoria. Lo assegnarono in stanza con altri tre giovani suoi coetanei: “Uno si chiamava Giovanni ed era di Foggia – racconta –  gli altri due di Bitonto. Miei coetanei, o poco più. Ma insieme si sentivano invincibili”. Una sera, racconta ancora al Corriere, “ero appena rientrato dal primo congedo. Prima di addormentarmi nella camerata da sei, sentii che i miei compagni bisbigliavano e ridacchiavano… Non ci badai, non potevo immaginare”.

Tutto accade durante la notte, inaspettatamente e con una violenza inaudita: “Dovevano essere le due quando mi presero dal letto, mani e piedi… Io cercai di dimenarmi, di scappare in corridoio. Ma loro mi sbatterono la testa sul pavimento e persi una prima volta i sensi. Mi portarono nella lavanderia, sullo stesso piano, e abusarono di me. Poi scapparono, lasciandomi svenuto. Mi svegliai forse due ore dopo, completamente nudo. Il sangue usciva dappertutto. Dal naso, dalla bocca, da dietro. Un maresciallo mi coprì con la sua giacca, credevo di morire…”.

L.D. non morì ma l’indicibile violenza subita lo mortificò non solo nel corpo. I superiori gli intimarono di mentire e nascondere i fatti, per salvare il buon nome della caserma. Pena il congedo con demerito e l’impossibilità di accedere ai concorsi. Giovane, solo e terrorizzato, sotto psicofarmaci, il ragazzo accetta e denuncia sì uno stupro, ma avvenuto ai giardinetti della stazione Termini per mano di tre sconosciuti balordi. “Ai miei genitori raccontai di essere caduto. Provavo una vergogna che non mi ha mai abbandonato e mi ha rovinato la vita. Solo in tempi recenti sono riuscito a liberarmi dei miei fantasmi”, racconta ancora al Corriere.

A salvarlo, un lungo percorso di psicoterapia. Oggi, da adulto e assessore che si occupa di politiche sociali nel suo paese, L.D. ha deciso di parlare per chi, vittima della stessa e orribile sorte, ha paura di denunciare la verità: “Nelle caserme italiane, anche se meno che in passato – denuncia- fatti del genere possono ancora succedere. Voglio esortare le vittime, i ragazzi che oggi hanno l’età che avevo io, a non farsi schiacciare dal silenzio”.