Rigopiano, familiari delle vittime danno l’ok al documentario di Michele Santoro

di redazione Blitz
Pubblicato il 30 Maggio 2017 - 05:00 OLTRE 6 MESI FA
Rigopiano, familiari delle vittime danno l'ok al documentario di Michele Santoro

Rigopiano, familiari delle vittime danno l’ok al documentario di Michele Santoro (foto Ansa)

PESCARA – Arriva il via libera, da parte dei familiari delle vittime dell’Hotel Rigopiano, alla messa in onda di C’è qualcuno, il lavoro di Michele Santoro sulla tragedia che il 18 gennaio scorso è costata la vita a 29 persone. Il programma sarà dunque trasmesso regolarmente il 2 giugno su Rai2.

I familiari delle persone decedute in seguito alla valanga che ha travolto l’albergo di Farindola (Pescara) durante l’eccezionale ondata di maltempo che quel giorno coincise con diverse forti scosse di terremoto, riuniti nel comitato presieduto da Gianluca Tanda, la settimana scorsa avevano inviato una lettera di diffida alla Rai, tramite l’avvocato Romola Reboa, protestando per non essere stati coinvolti nella visione di immagini inedite riguardanti i loro cari.

La Rai ha quindi poi annunciato che avrebbe organizzato un’anteprima per i familiari delle vittime, subordinando la messa in onda al loro giudizio. Anteprima che si è tenuta nel pomeriggio di lunedì 29 maggio nella sala Arazzi della Rai, alla presenza di numerosi esponenti del comitato, dei loro legali e dello stesso Santoro.

“È stato un pomeriggio pieno di emozioni – hanno fatto sapere i familiari delle vittime – al termine della visione la maggioranza delle persone ha ritenuto giusto che il filmato vada in onda, con la richiesta che ad esso segua un’inchiesta giornalistica finalizzata a ricercare antefatti e responsabilità. Michele Santoro – rimarca il Comitato – ha espresso a tutti il suo personale impegno a non spegnere le telecamere su Rigopiano il 2 giugno”.

L’avvocato Romolo Reboa, che insieme a Gabriele Germano, Maurizio Sangermano e Roberta Verginelli assiste 21 familiari delle vittime e il sopravvissuto Giampaolo Matrone, aggiunge che “l’interesse nel non far spegnere i riflettori è prevalso sui sentimenti personali, ma non è piaciuto l’utilizzo di certe immagini, senza che prima fossero sottoposte alla visione dei familiari. Inoltre c’è stata spettacolarizzazione su alcuni aspetti – conclude l’avvocato – e abbiamo riscontrato alcune lacune”.