Rom assolti, sono finti poveri ma il Comune di Roma non lo ha chiesto e per la legge…

di Mario Tafuri
Pubblicato il 5 Novembre 2016 - 10:39 OLTRE 6 MESI FA
Rom assolti, sono finti poveri ma il Comune di Roma non lo ha chiesto e per la legge...

Rom assolti, sono finti poveri ma il Comune di Roma non lo ha chiesto e per la legge non hanno commesso reato. Ma per quei pochi che pagano le tasse il simbolo della beffa è in questa Ferrari, che ora i carabinieri hanno dovuto restituire al povero…

Rom assolti: i 56 imputati sono effettivamente finti poveri ma non hanno ingannato il Comune di Roma sulla consistenza dei propri redditi, è stato il Comune di Roma a dimenticare di chiederglieli. Per la giustizia quegli zingari non hanno commesso reati. Per quella metà di cittadini che paga le tasse e consegna a Stato, Regione e Comune fino a metà e più dei propri redditi resta la beffa, anzi la doppia beffa:

– i 56 imputati erano effettivamente proprietari di conti in banca “tra i 20mila e i 375mila euro, con punte di un milione di euro e per un totale di 5 milioni”; per gli statistici di Istat e Inps sono poveri poveri, ma se non glielo chiedete loro non sono tenuti a dirvelo;
– la colpa è del Comune di Roma che non glielo ha chiesto: se non mi chiedi una cosa, non sono io tenuto a dirtela e non puoi poi dire che ti ho ingannato, hai fatto tutto da solo. Se non mi chiedi se ieri sera ti ho fatto le corna, non sono colpevole di averti mentito, ti ho fatto le corna ma quello non conta.
Resta così il fatto che il Comune di Roma non ha fatto le cose secondo la legge, l’unica cosa che sanno fare bene è le multe per divieto di sosta alle 2 del mattino così prendono anche lo straordinario notturno.
Resta anche il fatto che ci sono poche speranze che le cose cambino in meglio: è proprio fra i dipendenti comunali di tutte le specie e categorie che il sindaco Virginia Raggi ha raccolto i maggiori suffragi. Appare difficile che possa cambiare molto.
Appare anche difficile che conservando ai vertici della struttura amministrativa dirigenti ereditati da precedenti ere geologiche (Alemanno) si possa invocare il principio della scopa nuova.
Mettiamoci il cuore in pace e proviamo a leggere, senza piangere, la cronaca giudiziaria di Adelaide Pierucci e quella, più colorita, vecchia di solo pochi mesi, di Ilario Filippone sul Messaggero di Roma.
Adelaide Pierucci sintetizza così:
“Hanno già riavuto il gruzzolo in banca, ora possono vantare anche l’assoluzione. Sono stati tutti prosciolti, infatti, i 56 rom che, secondo l’accusa iniziale, si sarebbero finti poveri per truffare il Comune e nascondere i beni intestati. L’accusa della truffa al Campidoglio è caduta alle prime battute dell’inchiesta, ieri pure quella della intestazione fittizia dei beni. E’ stata accolta con un applauso da parte degli imputati la sentenza d’assoluzione con formula piena («perché il fatto non sussiste») letta dal presidente della I sezione penale del tribunale di Roma. …

“All’inizio dell’inchiesta (eseguita dal Corpo di polizia Roma Capitale, che poi sarebbero i soliti Vigili Urbani o pizzardoni come li chiamano qui) erano finiti iscritti nel registro degli indagati in 59 e con un’accusa precisa: quella di essersi finti poveri per raggirare il Comune e spuntare gratis l’assegnazione di container. L’ipotesi accusatoria si è presto scontrata con la realtà dei fatti: gli indagati (uno dei quali è morto e un altro è riuscito a provare che sul conto aveva il risarcimento di oltre mezzo milione di euro per la morte di un figlio) non avevano truffato il Comune con carte false per farsi assegnare i moduli abitativi. Al contrario era stato il Campidoglio a non chiedere mai conto dei loro beni trasferendoli di imperio nei campi attrezzati”.

Il  3 Agosto 2016 Ilario Filippone aveva così descritto la vita dorata dei rom, probabilmente gli stessi che vi si avvicinano per strada a Roma facendo il gesto della fame con la mano e dicendo in italiano una sola parola: “fame”:
“Acqua, luce, gas e roulotte a spese del Comune per narcotrafficanti che avevano Porsche, Ferrari e case in centro. Almeno per tutto il biennio 2013-2014. Dall’ultima inchiesta sulle baraccopoli di Roma, business ultramilionario documentato dai carabinieri della compagnia Eur e dal procuratore aggiunto Paolo Ielo, arrivano nuovi retroscena: non solo mazzette per funzionari corrotti in cambio di appalti, ma anche qualche vuoto di troppo nelle maglie dei controlli. Almeno 7 rom su 10, secondo l’Arma, non avevano alcun diritto di essere accolti nei campi”.
Perché tutto questo? Lo spiegano bene i carabinieri:
“La mancanza delle necessarie verifiche ha comportato inevitabilmente la presenza nei villaggi di nomadi che, per anni e con oneri a carico dell’amministrazione comunale, hanno continuato a usufruire gratuitamente dei servizi quali l’utilizzo del modulo abitativo, acqua, luce e gas. Il 70-80% delle persone censite non aveva alcun titolo, in quanto clandestini, pregiudicati o soggetti con elevate potenzialità economiche”.

E ancora Ilario Filippone:

“Per la gestione dei campi, l’amministrazione stanziava circa 65 milioni annui. A beneficiarne anche un ex spacciatore, Omer Cizmic, un bosniaco solito aggirarsi in Ferrari o in Porsche. Assegnatario di due roulotte all’interno di Castel Romano, l’uomo aveva un parco auto stimato in 600mila euro. La sua famiglia era proprietaria di cinque Bmw, due Mini Cooper, sei Mercedes, due Fiat 500 e sette Volkswagen. Nel mirino degli investigatori è finito anche il padre. Nonostante avesse una villa in piazza Meucci, poteva contare su due camper con annessi servizi profumatamente pagati dal Comune”.
Tanta sciatteria, tanta superficialità sono alla base di almeno metà dei mali d’Italia. Chi si è illuso che le cose possano cambiare, quanto meno a Roma, votando il Movimento 5  stelle si sta rendendo conto che si tratta di una accozzaglia di pasticcioni, che nemmeno riescono a essere etero guidati da Casaleggio. C’è qualcosa di più occulto, di più riposto, che condiziona anche il M5s, cui il Vaffa, parola d’ordine di Beppe Grillo, sta iniziando a ritorcersi contro.