Sarah Scazzi, Michele Misseri di nuovo al plurale: “La occultai e ce ne andammo”

Pubblicato il 12 Dicembre 2012 - 11:29 OLTRE 6 MESI FA
Michele Misseri (Foto Lapresse)

TARANTO – Michele Misseri parla di nuovo al plurale: ”Ho preso i vestiti di Sarah dopo aver gettato il cadavere nel pozzo quando ce ne siamo andati”. Ancora una volta lo zio di Sarah Scazzi non ha usato il singolare nel corso del processo per l’omicidio della nipote. Eppure il contadino di Avetrana aveva ribadito di aver fatto tutto da solo, autoaccusandosi in toto del delitto.

Dunque, con questa frase, zio Michele, fa credere di essere stato aiutato da qualcuno ad occultare il corpo della ragazzina. La trentaduesima udienza del processo è incentrata sul controesame di Misseri da parte del pm Mariano Buccoliero e del procuratore aggiunto Pietro Argentino.

Poi Misseri ha accusato i pm di Taranto: “Non volete la verità. La verità è quella che so io. Io l’ho ammazzata una volta, voi chissà quante volte l’avete ammazzata”.

Mercoledì 5 dicembre Michele Misseri, rispondendo alle domande dell’avvocato Franco Coppi (difensore della figlia Sabrina Misseri), ha sostenuto di aver ucciso da solo la nipote Sarah e di aver accusato ingiustamente la figlia su suggerimento del suo ex legale Daniele Galoppa e della criminologa Roberta Bruzzone, all’epoca consulente di parte.

Anche nel corso di quella udienza, aveva in qualche caso utilizzato il plurale descrivendo le fasi successive dell’omicidio.

Nel corso della sua testimonianza in Corte d’Assise, mentre il pm Buccoliero cercava tra i verbali il contenuto di una intercettazione, Michele Misseri ha preso dalla tasca della sua giacca una corda e si è alzato per mimare qualcosa.

Il presidente Rina Trunfio ha detto al teste che non poteva parlare a ruota libera trattandosi di un controesame e non di dichiarazioni spontanee. Misseri si è nuovamente seduto e ha ripreso a rispondere alle domande dell’accusa.

I pubblici ministeri hanno rivolto altre contestazioni al contadino, che si è contraddetto ricordando alcune telefonate in cui parlava con il nipote Cosimo Cosma, imputato per soppressione di cadavere.

Poi Misseri parla delle accuse che aveva rivolto alla figlia Sabrina: “In quell’interrogatorio del 5 novembre c’è scritto cosa ho detto io, ma non cosa mi dissero di riferire Galoppa e Bruzzone”. Con queste parole zio Michele è tornato ad accusare il suo primo difensore, Daniele Galoppa, e la criminologa Roberta Bruzzone, sostenendo di essere stato indotto da loro ad accusare sua figlia.

Il pm Mariano Buccoliero ha letto un passo del verbale del 5 novembre 2010 in cui gli inquirenti chiesero al contadino di Avetrana: “Sabrina ha mai manifestato la preoccupazione di essere scoperta o che potevate essere scoperti?’. Il teste rispose: ‘Mai. Lei diceva: papà è troppo bravo e non lascia piste’.

Michele Misseri in più occasioni, incalzato dalle domande dei pubblici ministeri, si è limitato a rispondere con un “Non ricordo”.