Saronno, intercettazioni: “L’ha ammazzato, gli ha fatto una roba come Michael Jackson”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 2 Dicembre 2016 - 09:15 OLTRE 6 MESI FA
Saronno, intercettazioni: "L'ha ammazzato, gli ha fatto una roba come Michael Jackson"

Saronno, intercettazioni: “L’ha ammazzato, gli ha fatto una roba come Michael Jackson”

ROMA – Saronno, intercettazioni: “L’ha ammazzato, gli ha fatto una roba come Michael Jackson”. Emergono particolari agghiaccianti dall’inchiesta sul medico anestesista Leonardo Cazzaniga e l’amante infermiera Laura Taroni, la coppia killer dell’ospedale di Saronno: agghiaccianti per la determinazione con cui i due applicavano il loro insano e arbitrario protocollo della morte, inquietanti perché all’interno del nosocomio la cosa non era sconosciuta.

Prendiamo la conversazione intercettata a fine maggio 2015 di due dipendenti, Patrizia Paola Erba e Giuseppe Di Lucca, il quale era stato già ascoltato dai pm: i due parlano del paziente di 69 anni Angelo Lauria, un tumore diagnosticato ma che non era “in imminente pericolo di vita”.

«Li ammazzava?». «Sì gli faceva il propofol a endovena». «Oh mamma… ma tu basta?». «No basta, basta». «E secondo te è una terapia eccessiva?». «Ca… l’ha ammazzato, l’ha ammazzato… l’ha ammazzato!». «Ma lui lavora ancora lì?». «L’ha ammazzato!». «Ma non sa che ti hanno chiamato?». «… è arrivato in pronto soccorso… non so cosa… gli ha fatto duecento milligrammi di propofol, venti milligrammi di morfina e sessanta milligrammi di midazolam… gli ha fatto una roba… cioè quella che aveva ucciso Michael Jackson». (Corriere della Sera)

50 le cartelle cliniche che sono ora la vaglio degli inquirenti. Il sospetto è quello di omicidi di pazienti in ospedale con il famigerato “metodo Cazzaniga”, del quale nella struttura qualcuno era a conoscenza, ma anche del marito della donna, morto a casa ma che, dagli elementi in mano agli investigatori e alla Procura di Busto Arsizio, va inserito nella volontà dei due “di porre fine al vincolo matrimoniale e anche alla vita” dell’uomo nei confronti del quale “l’indagata aveva maturato profondo rancore”, e che le avrebbe anche chiesto, sostiene la Taroni intercettata, “rapporti intimi di natura non graditi”.

Obiettivo mortale, la famiglia di lei. Oltre che a pazienti dell’ospedale, quindi anche una distruttiva azione nei confronti della famiglia di lei. Emerge, infatti, anche l’idea di uccidere un cugino acquisito dell’infermiera, ‘colpevole’ a detta dei due amanti, di vivere alle spalle della moglie. “I due indagati – annotano i pm nella richiesta d’arresto – parlano dell’omicidio come un modo per risolvere tutte le situazioni con disarmante tranquillità”.

Laura Taroni in carcere si dice “molto preoccupata per i due figli” (mentre in alcuni intercettazioni diceva di “poterli uccidere”). I due bambini sono ora affidati a una struttura protetta. Dalle intercettazioni è emerso che almeno a uno dei due la donna somministrava massicce dosi di ansiolitici, tanto che l’amante aveva spiegato al piccolo, che chiedeva perché, che ormai “era assuefatto”.

Chi sapeva non ha parlato? “Il personale medico è sconvolto, non avevamo idea che ci fossero voci del genere su Cazzaniga in pronto soccorso. Lei invece era conosciuta per essere una persona che non stava bene”, commenta desolatamente uno dei primari dell’ospedale. Sulle responsabilità, però, degli organismi che dovevano controllare, il pm Cristina Ria e il procuratore Gianluigi Fontana spendono non poche parole ed evidenziano come la relazione della Commissione interna a firma del dottore Paolo Valentini, abbia “escluso ipotesi di responsabilità penali del dottor Cazzaniga”.

Il protocollo Cazzaniga. Nella relazione, osservano i magistrati, si legge tuttavia: “Elemento degno di considerazione è la peculiarità dell’approccio terapeutico del dottor Cazzaniga (analgesici oppioidi + benzodiazepine + ipnotici) che non trova analogo riscontro nei casi analoghi trattati dagli altri medici del Pronto soccorso. E’ indubitabile che le dosi dei farmaci somministrati nei casi selezionati sembrano superare, in modo evidente, i valori indicati nel prospetto esemplificativo contenuto nelle linee guida…”

Le scelte terapeutiche dell’indagato “non erano comuni a nessuno dei colleghi in servizio presso l’U.O. di Pronto Soccorso”. Circostanze, queste, che invece dovranno chiarire altri dipendenti dell’ospedale, anch’essi indagati ma a piede libero. Ai carabinieri, intanto, arrivano continuamente telefonate di persone che hanno avuto parenti deceduti all’ospedale: temono che siano rimasti vittime dell’angelo della morte, come si definiva Cazzaniga nei documenti agli atti, e della sua amante.