Soldi per i migranti (35/45 euro al giorno) e cavallette umane su quei 4,5 mld

di Lucio Fero
Pubblicato il 6 Giugno 2017 - 05:29 OLTRE 6 MESI FA
Soldi per i migranti (35/45 euro al giorno) e cavallette umane su quei 4,5 mld

Soldi per i migranti (35/45 euro al giorno) e cavallette umane su quei 4,5 mld (foto d’archivio Ansa)

ROMA – Soldi per i migranti, soldi pubblici che si spendono per i migranti: sono 4,5 miliardi di euro l’anno. Non certo pochi. Li prendono, vanno in tasca ai migranti (circa 143 mila censiti nelle varie strutture di accoglienza, se di accoglienza sempre si potesse dire…)? Solo in minima e molto indiretta misura. I 35 euro al giorno per ogni migrante adulto (45 se minore) lo Stato li versa a strutture, cooperative, privati e non che gestiscono i luoghi dove i migranti vengono tenuti a non fare sostanzialmente nulla che non sia giustificare il versamento e incasso del denaro pubblico speso.

Speso per loro, spesi per i migranti quei 4,5 miliardi? Spesso speso in loro nome ma non certo tutto per loro. Intorno all’accoglienza migranti è fiorita in Italia un’impresa, una vera e propria attività economica, un settore del terziario (?), insomma ci lavorano (e guadagnano) in molti. Molti guadagnano il giusto e forniscono servizi accettabili o almeno decenti. Molti guadagnano senza rubare ma fornendo servizi e prestazioni scadenti. Qualcuno ruba. Tutti i molti e i qualcuno di qualunque categoria di quelle sopra citate (gli onesti, i furbi, gli spregiudicati, i ladri) sono ovviamente italiani.

Già perché molti italiani coi migranti ci lavorano, alcuni ci mangiano sopra, altri ci marciano. Non sono i migranti che li attraggono ovviamente, sono i 4,5 miliardi di soldi pubblici. Questi soldi attirano con il loro potente odore varia fauna sociale: l’imprenditore vero, l’albergatore onesto, la cooperativa sana, quella finta e quella ladra…E soprattutto una specie diffusa e specializzata nella fauna sociale italiana: le cavallette di denaro pubblico.

Funziona più o meno così (lo riassume Andrea Malaguti su La Stampa). Per accogliere i migranti, cioè dar loro tetto e cibo e qualcosa da fare e imparare mentre attendono di sapere se la loro richiesta di restare in Italia sarà accolta o no (e per imparare lingua, mestieri, usi e costumi utili a tutti se dovessero restare in Italia) ci sarebbero in prima battuta gli SPRAR, cioè le strutture gestite dai Comuni, dalla mano pubblica.

E appare ovvio, regolare, coerente e razionale che se a pagare è il denaro pubblico su come si spende e chi lo spende dovrebbe essere ancora istituzione pubblica. Dovrebbe…In realtà su 8.000 Comuni d’Italia ben 5.300 si tengono lontani dagli SPRAR come la peste. Migrante nella propria zona uguale gente che protesta, elettori infuriati. Quindi siccome l’adesione agli SPRAR è volontaria, due Comuni d’Italia su tre se ne lavano le mani.

E, guarda caso, il vuoto lasciato dai Comuni, dalla mano pubblica, viene preso dai privati. I privati possono mettere in piedi i CAS. Oltre a un notevole numero di singole imprese si contano in Italia ventimila (!) cooperative che a vario titolo si incaricano, si affollano intorno ai 4,5 miliardi pubblici per i migranti.

E che fanno i privati nei CAS? Stiamo al dato mediano, eliminiamo gli estremi di coloro che rubano i soldi pubblici inventando migranti che non ci sono o affittando quelli che ci sono come manodopera nei campi ai “caporali”. Ed eliminiamo anche gli estremi dove nei CAS si insegna regolarmente l’italiano e si forniscono ai migranti competenze lavorative. Eliminiamo gli estremi che esistono ma non sono certo la grande maggioranze delle strutture.

Eliminati gli estremi resta la “normalità” dei CAS gestiti dai privati, strutture la cui ragione sociale è acquisire quanto più possibile del monte miliardi pubblici e spendere quanto meno possibile per i migranti. Risparmiare sulle lenzuola, sulle forniture alimentari e sanitarie è la regola aurea. Senza rubare ma fornendo il minimo indispensabile. Ma fin qui…

Il peggio è che nelle strutture dei privati soprattutto i migranti vengono tenuti a vegetare. Nessuna spesa per il “lusso” di veri corsi di italiano o per una vera e non fittizia formazione lavorativa. Il migrante deve stare e sta lì a “fruttare” i suoi 35/45 euro al giorno che porta alla cassa della struttura dove vegeta. Fino a che non viene riconosciuto non meritevole e non in diritto di restare in Italia e allora si trasforma in clandestino. Oppure ottiene (nella gran minoranza dei casi) il permesso e allora esce dai centri di accoglienza incapace a tutto come ci è entrato. Nonostante i soldi pubblici spesi per lui ma soprattutto intascati a suo nome.

E’ questa la funzione cavallette dell’industria creatasi intornio ai migranti: fare in modo che quei 4,5 miliardi l’anno siano inutili per i migranti che resteranno in Italia e per quelli che teoricamente espulsi diventeranno clandestini. Le cavallette umane se li mangiano quei 4,5 miliardi l’anno perché troppo spesso non è che li rubano, fanno di peggio: li sprecano.