Soter Mulè condannato, ma per omicidio colposo: 4 anni e 8 mesi

di Redazione Blitz
Pubblicato il 15 Gennaio 2013 - 18:25 OLTRE 6 MESI FA
Soter Mulè condannato, ma per omicidio colposo: 4 anni e 8 mesi

ROMA – Non fu omicidio preterintenzionale ma omicidio colposo: è stato condannato a 4 anni e 8 mesi di reclusione l’ingegnere romano Soter Mulè, 45 anni, imputato per la morte di Paola Caputo, studentessa di 23 anni, originaria di Guagnano (Lecce). Morte avvenuta la notte tra il 9 e il 10 settembre del 2011 durante un gioco erotico in un garage di un palazzo in via di Settebagni, a Roma.

Lo ha deciso il gup di Roma al termine di un processo svolto con rito abbreviato derubricando l’accusa da omicidio preterintenzionale a omicidio colposo con l’aggravante della previsione dell’evento. Il gup Giacomo Ebner ha accolto in pieno la richiesta di condanna formulata dalla procura. Mulè è accusato anche di lesioni colpose gravi per aver mandato in coma un’altra ragazza, Federica F., anche lei coinvolta nella pratica conosciuta come shibari, una sorta di bondage giapponese.

Assistito dagli avvocati Antonio Buttazzo e Luigi Di Maio, che portano a casa una parziale vittoria, visto che Soter Mulè era stato incriminato inizialmente per omicidio preterintenzionale e per questo reato il procuratore aggiunto Pierfilippo Laviani e Maria Letizia Golfieri lo avevano rinviato a giudizio. Si attendono le motivazioni della sentenza. Probabile che ricalchino in gran parte quelle fornite dal gip Marco Mancinetti quando concesse a Mulè gli arresti domiciliari:

“Una gravissima imprudenza contrassegnata dall’aver dato corso a una pratica in cui egli stesso si definisce poco esperto e oggettivamente rischiosa”. La posizione di Mulè è risultata attenuata perché lui, seppure sotto l’effetto di alcool e di stupefacenti, ha usato un nodo bloccato intorno al collo delle due ragazze (un nodo più sicuro quindi, che non si stringe in caso di caduta) mantenendo un cappio ampio. Il gioco, scrive ancora il giudice “non prevedeva alcun effetto di sollevamento mediante la corda al collo delle due ragazze”, cosa che rendeva il tutto relativamente poco rischioso. Però Mulè ha comunque una colpa che giustifica l’accusa di omicidio colposo. Per il giudice sta tutta in tre elementi: la pratica era oggettivamente rischiosa, era sotto effetto di droga e alcool, e non aveva avuto l’accortezza di tenere un coltello a portata di mano. Proprio il suo ritardo nel tagliare la corda ha, nella ricostruzione del giudice, portato alla morte di una delle due ragazze.

A favore di Mulè gioca anche il fatto che “non vi è stato alcun comportamento di prevaricazione, di minaccia o di costrizione per indurre le due vittime ad accettare di essere legate”. Nonché il riconoscimento da parte del gip della buona volontà dell’indagato a raccontare i fatti nei dettagli e riconoscere e assumersi le colpe.

Nel corso del confronto con il magistrato l’ingegnere aveva ricostruito quanto avvenuto nella notte tra venerdì e sabato nel garage in zona Bufalotta. “Verso le 14” Mulè ha contattato tramite Facebook sia Paola che Federica e verso le 19 era passato a prenderle. I tre si sono recati prima in un locale e poi al Circolo degli artisti, in via Casilina vecchia. Sia Mulè che le ragazze, in base quanto si legge nel provvedimento, hanno preso rum, birra e “digestivi alcolici”. L’ingegnere ha confermato di aver fumato dell’hashish. Mulè e le due ragazze decidono, quindi, di recarsi nel seminterrato di via dei Settembrini, conosciuto da una delle ragazze. Nel suo racconto l’uomo afferma che la prima ad essere legata è stata Federica, poi la Caputo. Paola viene bloccata “in stazione eretta, con piedi a terra, ma subito dopo essere stata legata, accusa un malore e perdendo i sensi si accascia al suolo: il peso del suo corpo mette in tensione le corde, comprese quelle intorno al collo di entrambe le ragazze”. Mulè nell’interrogatorio aveva spiegato di aver lasciato le corde intorno al collo piuttosto lente, proprio perché provava quel “gioco” per la prima volta.

Mulè cerca di liberare le giovani, cerca un coltello prima nella borsa di Federica e poi nella sua auto. Sono attimi drammatici: quando trova la lama per Paola è oramai troppo tardi, Mulè tenta di soccorrere Federica e poi chiede aiuto. L’autopsia intanto conferma che Paola è morta per “asfissia da soffocamento”.