Stupri Rimini, il branco in galera: “Ora fanno i mansueti”.

di redazione Blitz
Pubblicato il 4 Settembre 2017 - 14:35 OLTRE 6 MESI FA
Stupri Rimini, il branco in galera: "Ora fanno i mansueti".

Stupri Rimini, il branco in galera: “Ora fanno i mansueti”.

RIMINI – Quando li hanno interrogati “si sono mostrati mansueti”. Lo racconta Francesca Capaldo, la poliziotta a capo della sezione violenza di genere dello Sco, che ha braccato il branco accusato degli Stupri di Rimini. I quattro, 2 fratelli marocchini, un 17enne nigeriano e un ventenne congolese identificato come il capobranco, al momento dell’arresto erano come agnellini eppure quella notte tra il 25 e il 26 agosto, quanno hanno brutalizzato a Miramare una turista polacca, picchiato l’amico e violentato una trans peruviana, la loro ferocia era inarrestabile.

“E’ stata lampante ed evidente – ha detto la poliziotta – la discrasia fra il loro atteggiamento, il loro modo di fare, quasi da bambini, e l’efferatezza di questo reato gravissimo, raccontato dai volti e delle parole delle vittime. Abbiamo dato giustizia a una donna che ha sofferto moltissimo e alla trans peruviana”.

Intervistata dal Corriere della Sera l’agente Capaldo ha spiegato: “Mi occupo da tempo di questo tipo di reati, seguo numerose indagini su episodi di violenza. Ma sono rimasta impressionata dalla ferocia di questi ragazzi. Sono molto giovani, eppure hanno tirato fuori una carica d’odio enorme”.

Sul motivo che può aver scatenato tanto violenza, Capaldo prova a trovare una spiegazione: “Forse il fatto di muoversi in branco. Quando li abbiamo interrogati si sono mostrati mansueti. E invece il racconto delle due donne, le lesioni che hanno inferto loro, dimostrano che sono riusciti a tirare fuori una forza brutale. Erano accaniti in maniera bestiale, non mi era mai capitato di vedere una cosa del genere tra estranei. Può accadere nelle violenze in famiglia, quando c’è un rancore pregresso. Così è assurdo, non dimenticherò facilmente il terrore che ho letto sul volto della ragazza polacca”.

Ha lavorato in tandem con la collega della Mobile Roberta Rizzo. La presenza di due donne a capo delle indagini “ha aiutato, soprattutto nella volontà di collaborazione della transessuale peruviana che ci ha fornito elementi precisi e ci ha messo sulla pista giusta. Ha capito che poteva fidarsi e ha parlato con noi senza imbarazzi. Grazie alle sue parole siamo riuscite a ricostruire ogni dettaglio, è stato come vedere con i suoi occhi che cosa era accaduto quella notte. Ed è stato davvero impressionante. Noi stiamo lavorando affinché queste due vittime possano avere giustizia. Andiamo avanti fino a che tutti i tasselli del quadro non andranno a posto. E posso dire che molti sono già a posto”, conclude.