Terremoto, effetto domino la grande paura

di redazione Blitz
Pubblicato il 29 Agosto 2016 - 16:49 OLTRE 6 MESI FA
Terremoto, effetto domino la grande paura

Terremoto, effetto domino la grande paura

ROMA – Non un semplice sciame sismico, quello che ora temono a Rieti e dintorni è l'”effetto domino“. In sostanza il timore è che la faglia entrata in azione il 24 agosto possa attivare quelle vicine. Con altri terremoti, altrettanto distruttivi. Un’ipotesi remota eppure esistente, come spiega Libero:

In gergo tecnico si chiama “effetto domino” ma si può tradurre con “paura continua”. Da mercoledì a oggi sono state 2.000 le scosse nell’area tra Amatrice e Pescara del Tronto, l’ultima domenica nel tardo pomeriggio, magnitudo 4.4: uno sciame sismico naturale (dopo L’Aquila furono 18mila, l’ultima superiore a magnitudo 3.0 un anno dopo, nel 2010), ma che tiene in allerta geologi e sismologi. Il perché è presto detto: il pericolo è che la faglia che ha causato il terremoto di Amatrice, entrando in azione, abbia attivato le faglie vicine. Una probabilità inferiore al 10%, precisa Warner Marzocchi dell’Ingv (Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia), ma presente. “Lì accanto – spiega a Repubblica Alessandro Amato, sismologo dell’Ingv e direttore del Centro nazionale terremoti – ci sono altre faglie importanti, che in passato hanno generato terremoti forti. Anche più forti dell’attuale”.

L’area dell’Appennino ha una situazione geologica molto complessa, le fratture della Terra si susseguono ogni 5-10 km, a causa della immersione della placca Adriatica sotto all’Eurasia, del movimento degli Appennini da Est a Ovest, della collisione fra l’Africa e l’Eurasia che spinge la catena alpina verso Nord e dell’allargamento del bacino tirrenico”. Pressioni opposte che generano un altissimo rischio sismico. “Quando avviene una scossa, questa potrebbe caricare di energia altre faglie nella zona limitrofa – spiega ancora Marzocchi -. Se una di queste era già prossima alla rottura, diventa facile che possa generare un altro terremoto forte. Ma non sappiamo dire né se, né dove e né quando. Ci sono tante faglie, non abbiamo idea di quale sia, eventualmente, quella pronta ad attivarsi”.