Tfa scuola. Da grande sarò precario. 130mila aspiranti per un tirocinio a vita

di Warsamè Dini Casali
Pubblicato il 26 Luglio 2012 - 12:21 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Esiste una vocazione al precariato? Con le speranze quasi nulle di raggiungere un giorno la cattedra di insegnante, stupisce l’incredibile numero di richieste per partecipare al test denominato Tfa, il tirocinio formativo attivo, prerequisito indispensabile per tentare la carriera. 160 mila richieste (130 mila persone) di iscrizione al Tfa per 20 mila posti disponibili nelle scuole (15.792 per le superiori e 4.272 alle medie). Una vera lotteria. Solo che, a differenza dei normali concorsi, anche quelli con le percentuali di riuscita più disperate, qui non si vince nulla. Si ottiene al massimo di poter fare un po’ di pratica con gli studenti, avanzare di un gradino nelle graduatorie e per di più pagando tra i 100 e i 150 euro di iscrizione (nelle università) e tra i 2100 euro che servono a Bergamo e i 3000 euro dell’Aquila.

Perché, comunque vada, la cattedra resta il miraggio che era. Nella scuola, in quanto a insegnanti c’è il tutto esaurito. Concorsi non se ne fanno e non si sa quando ne rifaranno un altro. Ogni anno vanno in pensione 21 mila insegnanti ma il turn-over funziona a scartamento ridotto, con nuovi ingressi limitati a 15 mila, perché ci sono prima i soprannumerari da inserire. A contendersi quei 15 mila posti annuali ci pensano già i 240 mila abilitati usciti dalle graduatorie. Il massimo che può pretendere chi supera il Tfa e accede al tirocinio è mettersi in fila dietro questi 240 mila. A spanne, 15-20 anni prima di scalare la montagna delle graduatorie. Stiamo parlando di aspiranti che non sono più dei ragazzini, avere più di trent’anni rientra nella norma. Che fanno, aspettano di entrare nella scuola in età di pensione?

Purtroppo è questa la prospettiva di quanti, fra l’altro, dovrebbero essere sottoposti a tirocinio pur essendo da anni impiegati come supplenti e sostituti. Quasi umiliante, come dover rispondere di getto su vita e opere di tal Amafinio, un Lucrezio di serie B che nessuno conosce ma che può farti perdere punti al test. Troppo nozionistiche le domande. Eredità della gestione Gelmini, si difendono al Governo. Però, questo desiderio inappagato ma inestinguibile di fare il professore, questa ostinazione al limite dell’autolesionismo, è  una scelta nobile, anti-utilitaristica, quasi romantica. Massimo rispetto (con tutto che il grido di dolore lanciato dalla scrittrice Silvia Avallone, che invita a gettare la spugna, fa parte del regno delle decisioni razionali).