Ticket sanità. Zingaretti e Mr. Hyde: firma aumento in Lazio, poi lo nega

Pubblicato il 22 Luglio 2013 - 05:55 OLTRE 6 MESI FA
Ticket sanità. Zingaretti e Mr Hyde: firma aumento in Lazio, poi lo nega

Nicola Zingaretti. O Mr. Hyde?

Zingaretti o Mr.  Hyde? si chiedono molti residenti di Roma dopo avere letto su Repubblica l’uno due sull’aumento dei ticket sanitari nella Regione Lazio. Zingaretti, Nicola, è lo stesso che ha firmato il decreto di aumento e anche quello che lo ha negato su Repubblica, o sono due persone diverse, Mr. Hyde, appunto?

Venerdì Repubblica ha pubblicato un articolo di Carlo Picozza che annunciava l’aumento dei ticket, sabato lo stesso Picozza ha raccolto il verbo di Nicola Zingaretti, presidente della Regione Lazio, il quale è stato perentorio:

“Non ci saranno aumenti dei ticket per le cure ambulatoriali”.

Che Nicola Zingaretti quegli aumenti li abbia firmati è un fatto certo, per chiunque abbia la pazienza di cercare, nel Bollettino Ufficiale della Regione Lazio, nell’elenco dei decreti approvati, uno in data 4 luglio intitolato:

“Approvazione nomenclatore tariffario regionale per prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale”.

Chi lo scorre tutto, trova, all’ultima riga, la firma di Zingaretti, il quale peraltro è innocente, perché non si tratta di una sua scelta, ma di una imposizione dello Stato a una delle Regioni più scassate d’Italia in materia di conti della sanità pubblica.

I politici però sono tutti uguali, destra o sinistra non cambiano e la verità e la trasparenza fan loro orrore come l’aglio ai vampiri. Invece di dire le cose come stanno, e come è scritto nelle motivazioni del decreto, Nicola Zingaretti si è precipitato a far dire a Picozza che non è vero. I suoi collaboratori hanno elaborato, in modo un po’ machiavellico, molto all’italiana:

“Quel decreto, con la tabella sugli aumenti dei ticket, è stato adottato solo per non perdere i finanziamenti, 2,7 miliardi, della Cassa depositi e prestiti e del ministero delle Finanze, e poter così pagare i fornitori di beni e servizi sanitari e no”.

Un mezzo raggiro, insomma. Il provvedimento, spiega l’ispirato Picozza,

“ha come tema i programmi operativi,gli adempimenti per l’attuazione del Piano anti-deficit, ed era stato già stato preparato dall’allora commissario Filippo Palumbo. Zingaretti lo ha firmato così come l’ha trovato, aumento dei ticket incluso, «con la riserva di procedere a una completa revisione della programmazione sanitaria»”.

Picozza, che un po’ come va il mondo lo ha capito, si chiede a questo punto

“con quali risorse la Regione farà fronte al prestito di 2,7 miliardi. Nell’articolo 2 della Finanziaria regionale è espressamente indicato il ricorso all’aumento dell’addizionale Irpef (anticipato il 12 luglio da Repubblica) che porterà la pressione fiscale sui contribuenti del Lazio al livello più alto d’Italia. Con quest’altrodecreto, ecco la leva dei ticket che la Regione però giura di non voler aumentare”.

Scrive Picozza, dando una apertura di credito:

“La sfida è aperta: cresceranno ticket e addizionale come annunciato dai decreti o di quelle misure ci sarà una revisione accompagnata da tagli profondi alla spesa corrente (dai costi della politica a quelli degli enti, agenzie, società e banca della Regione, in parte già avviati?). Già perché di fronte al debito e al deficit la Regione si sta dando da fare con la centralizzazione delle gare per gli acquisti, il commissariamento degli enti Parco regionali e degli Ater, la chiusura dell’Agenzia di sanità pubblica e la nomina di un commissario liquidatore e con la riorganizzazione degli enti e della galassia societaria”.

L’articolo che ha trasformato Nicola Zingaretti nel negatore di se stesso e del suo nome era uscito su Repubblica venerdì 19 luglio e annunciava:

“Aumenteranno i ticket per le cure ambulatoriali più costose. Quelle da 51 euro in su. Per una tac, una risonanza, un ecodoppler o un’ecografia, crescerà la partecipazione dei cittadini alla spesa sanitaria. «Per le prestazioni che costano da 51 a 76 euro», si legge in una tabella del decreto commissariale 314, pubblicato l’11 luglio scorso sul Bollettino ufficiale della Regione, «la spesa aggiuntiva del cittadino passa da 15 a 25 euro». «Per le prestazioni da 76 a 100 euro», ancora il decreto, «si passa da 25 a 30 euro ». Infine: «Per le prestazioni con costo superiore a 100 euro, dagli attuali 25 euro si arriva a 35». Ovviamente questi importi si aggiungeranno ai 36,15 euro di ticket già previsti dalla norma nazionale”.

Secondo l’articolo, sempre di Carlo Picozza,

“da due anni in qua, per le prestazioni a costo basso, i cittadini hanno preferito i centri privati. Pagando. E risparmiando. Ecco perché per le cure da 20 a 36 euro, il ticket è stato ridotto da 14 a 10 euro. Per quelle da 36 a 51 euro, invece, il ticket passerà da 14 a 15 euro. Sulle prestazioni costose la convenienza del ticket è rimasta”.

Anche se il decreto

“è stato adottato in attesa di una rimodulazione definitiva dei ticket”,

l’obiettivo finale, tutt’altro che sconcio e che solo il vizietto di non dire mai la verità poteva indurre Zingaretti e i suoi a tenere nascosto,

“è il pareggio di bilancio da raggiungere con manovre di risparmio della spesa, per abbattere il deficit fino ad azzerarlo per il 2015. Tra le leve impegnate, ecco la «rimodulazione dei ticket sulla specialistica ambulatoriale ». Dove «rimodulazione», a conti fatti, sta per aumento: l’esborso dei cittadini per le prestazioni negli ambulatori pubblici e accreditati passerà da 80,4 milioni del 2012 a 95,2 per il 2014 e altrettanti per il 2015. Quasi 15 milioni in più. Coperti con i nuovi ticket.

“Quel decreto appare come un atto obbligato del quale Zingaretti non porta le stesse responsabilità di quanti lo hanno preceduto.

Nei giorni scorsi sempre Carlo Picozza aveva provocato un certo imbarazzo a Nicola Zingaretti (fratello dell’attore che interpreta il popolare commissario Montalbano) e anche un po’ al suo giornale, sull’aumento dell’addizionale Irpef regionale fino al massimo del 3,33%.

Repubblica aveva camuffato la notizia, passando la palla al più diffuso giornale su piazza, il Messaggero.

La Regione Lazio nei mesi scorsi è stata al centro dello scandalo della festa dei maiali, un divertente modo da parte di alcuni consiglieri regionali del Pdl di sperperare i soldi del finanziamento pubblico ai partiti.