Fece 13 nel 1981, il Coni lo pagherà nel 2012. La schedina maledetta di Martino Scialpi

Pubblicato il 2 Marzo 2012 - 10:54 OLTRE 6 MESI FA

Martino Scialpi con la sua schedina vincente

ROMA – Martino Scialpi, 59 anni, commerciante ambulante di Martina Franca (Taranto), non riesce ancora a gioire per l’ordinanza del giudice di Roma Alfredo Matteo Sacco, che ha disposto l’ingiunzione di pagamento nei confronti del Coni. Dopo 30 anni quel 13 miliardario azzeccato, ma sempre negato dal Coni, gli varrà 2.343.924,58 euro. Per il momento Scialpi si gode il successo giudiziario e la soddisfazione di non essere più considerato l’imbroglione che per trent’anni avrebbe provato a truffare il Coni.

Un calvario iniziato il primo novembre 1981, quando con un 13 vinse 1 miliardo, tre milioni e 257mila lire al Totocalcio, una cifra che oggi varrebbe circa 10 milioni di euro. Ma il titolare della ricevitoria aveva smarrito la matrice della schedina. L’ambulante non aveva ancora ricevuto una lira sei anni dopo, nel 1987, quando il Tribunale di Taranto attestò la validità della schedina. Decisione che il Coni contestò: Martino Scialpi si è dovuto difendere in tribunale a Taranto dalle accuse di furto, truffa aggravata, falsità materiale e violenza privata. Accusato di aver rubato con la forza il bollino che allora si incollava sulla schedina per dimostrare la giocata alla ricevitoria. “Ho perso la pace e la famiglia”, racconta. Separato dalla sua prima moglie, ha una nuova compagna e tre figli. Ha smesso di girare e vendere mercanzie per i mercati e il pensiero gli torna alle ingiustizie subite: “Ho trascorso più tempo in tribunale che altrove. Se uno ammazza una persona, si fa trent’anni ma poi è finita. Torna libero. Io invece no”. Ha speso 383 mila euro in 25 anni di tribunale.

Le caselle indovinate che indicavano la vittoria della Roma a Torino contro la Juve, la sconfitta del Milan a Catanzaro, l’Inter battuta in casa dal Genoa, si sono trasformate in un incubo durato trent’anni. E non è ancora del tutto convinto che giustizia sia stata fatta: “Finché non vedrò corrisposta questa somma di denaro, finché non vedrò che i soldi sono stati accreditati in banca, non potrò dire che la giustizia ha finalmente fatto il suo corso”.