Traffico di migranti (o jihadisti?) di lusso: Simona Sodi, fiorentina, arrestata

di redazione Blitz
Pubblicato il 7 Giugno 2017 - 15:37 OLTRE 6 MESI FA
Traffico di migranti (o jihadisti?) di lusso: Simona Sodi, fiorentina, arrestata

Traffico di migranti (o jihadisti?) di lusso: Simona Sodi, fiorentina, arrestata

FIRENZE – Dall’Africa alla Sicilia in tre-quattro ore. Un viaggio confortevole e rapido su gommoni superveloci, in piccoli gruppi di dieci migranti al massimo che, una volta approdati sulle coste di Marsala, venivano prelevati e portati in abitazioni dove potevano rifocillarsi, lavarsi e avere vestiti nuovi.

Ad organizzare queste traversate “di lusso” del Canale di Sicilia c’era, secondo l’accusa della Guardia di Finanza di Palermo, una vera e propria organizzazione criminale. Al vertice cittadini tunisini che usavano manovalanza locale: marsalesi e fiorentini. Tra questi anche una donna, Simona Sodi, fiorentina di 55 anni, che nel gennaio scorso aveva sposato proprio un migrante tunisino, Jabranne Ben Cheikh, di 28 anni. I finanzieri hanno fermato dodici persone. Due erano già in carcere e tre risultano irreperibili.

Il viaggio costava caro: fino a 3 mila euro a passeggero. Ma era sicuro. Nulla di paragonabile ai barconi fatiscenti usati solitamente dai migranti e dai trafficanti di uomini che seguono la rotta verso l’Italia. E chi arrivava, eludendo i controlli a cui vengono sottoposti i migranti irregolari, evitava di essere identificato.

Proprio questa circostanza, insieme ad alcune intercettazioni, fa dire agli inquirenti che tra i potenziali “clienti” dell’organizzazione c’erano ricercati per problemi con la giustizia o persone collegate a gruppi jihadisti che temevano di essere arrestati, una volta giunti in Italia.

“Spero di arrivare e che non mi rimandino indietro per terrorismo“, diceva a uno della banda un potenziale passeggero. Il trafficante era intercettato e la Finanza ha potuto ascoltare in diretta la conversazione. Il viaggio, però, non è mai stato fatto e l’interlocutore allarmato è rimasto nel Paese nordafricano.

L’associazione criminale usava gommoni potentissimi che caricava anche di sigarette di contrabbando riuscendo così a guadagnare a volte decine di migliaia di euro. Solo l’addetto al trasporto, lo scafista per intenderci, per ogni traversata, intascava fino a 5 mila euro.

Da gennaio, mese in cui inizia l’indagine, a oggi sono cinque i viaggi accertati: i passeggeri sono stati tutti identificati e nessuno di loro avrebbe avuto legami con gruppi jihadisti. Per i pm che hanno coordinato l’inchiesta, per le sue modalità operative, la banda costituiva “un pericolo per la sicurezza nazionale”.

La mente dell’organizzazione era proprio Jabranne Ben Cheikh, che poteva contare sulla complicità della compagna italiana, secondo l’accusa. Ai fermati, accusati di associazione a delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, la Procura contesta l’aggravante della transnazionalità.