Trapani: in pensione unico medico non obiettore, impossibile abortire
Pubblicato il 18 Giugno 2016 - 12:12 OLTRE 6 MESI FA
TRAPANI – Va in pensione, a Trapani, l’unico ginecologo dell’ospedale cittadino non obiettore di coscienza. Nel reparto restano sei medici, tutti obiettori. Interrompere la gravidanza nell’unica struttura pubblica della città, il nosocomio Sant’Antonio Abate, non sarà dunque possibile. Ne dà notizia il Giornale di Sicilia che riporta anche le reazioni di Cgil e Uil.
“A Trapani – dicono i sindacati – non viene più garantito il diritto della donna di interrompere volontariamente la gravidanza”. “Il rischio – sottolineano – è che si spinga al ricorso agli aborti clandestini”.
“Il medico assunto può in ogni momento dichiararsi obiettore”, ribatte Francesco Giurlanda, direttore sanitario dell’ospedale, che fa notare che l’interruzione volontaria di gravidanza può comunque effettuarsi nel nosocomio di Castelvetrano.
Il ministero della Salute riguardo le modalità di conteggio del personale obiettore e non obiettore per l’aborto, contestato da alcuni che parlano addirittura di “dati falsati”, precisa che nella relazione al parlamento il dato dei ginecologi obiettori e non, viene dato direttamente dalle regioni, separatamente per i consultori e per le strutture di ricovero. Nella relazione del 2014 il dato aggregato regionale ”è stato confrontato con l’elaborazione dei dati comunicati per ogni singola struttura, come richiesto nel monitoraggio appositamente predisposto, e si è potuta verificare la coerenza fra dati aggregati e dati subregionali”.
”Ricordiamo che il dato relativo ai consultori non era mai stato riportato dalle amministrazioni precedenti, ed è la prima volta che viene raccolto da quando è entrata in vigore la 194. Leggendo la relazione, poi, si può facilmente verificare la modalità di conteggio del personale obiettore, sia nelle strutture sanitarie che nei consultori, conteggio che consente di individuare con la migliore precisione possibile il numero effettivo degli operatori. Il ministero ricorda infine che la Legge sull’aborto prevede esplicitamente la mobilità del personale sanitario al suo interno, per assicurare il servizio IVG, e quindi il personale disponibile a questo tipo di procedura va considerato non relativamente a ogni singola struttura, ma a livello regionale. ”L’organizzazione sanitaria interna alle regioni, come è noto – conclude – dipende dalle regioni stesse, che finora nelle sedi istituzionali hanno sempre confermato i dati comunicati nelle relazioni al parlamento, quegli stessi che oggi vengono contestati”.