Truffe/ Sotto scorta la dirigente Inps che in Calabria denunciò lo scandalo dei falsi braccianti

Pubblicato il 19 Agosto 2009 - 17:50 OLTRE 6 MESI FA

Maria Giovanna Cassiano, l’eroina che denunciò la milionaria truffa all’Inps nella sede di Rossano, in provincia di Cosenza, sta rischiando grosso. Il Corriere della Sera, in un articolo firmato da Gian Antonio Stella, riprende la sua storia ricordando che la coraggiosa dirigente calabrese da due mesi vive sotto scorta, dopo aver ricevuto pesantissime minacce.

La sua “colpa”? Aver fatto luce sulle sospette uscite di denaro sotto forma di indennità di malattia, maternità e disoccupazione che piovevano su mogli, cognati, sorelle, fratelli, cugini, parenti e amici di uomini di rispetto, che si spacciavano – senza esserlo – per braccianti agricoli.

Un controllo che le era stato richiesto da Roma, come procedura standard in casi come quello dell’area della Sibaritide, dove risultava risiedere e lavorare un numero spropositato di braccianti agricoli (o sedicenti tali) e dove risultavano tantissime (plausibilmente troppe) indennità di disoccupazione, malattia e maternità.

Maria Giovanna Cassiano ha solo fatto il suo dovere, consegnando ai giudici i documenti che provavano la truffa. E aggiungendo così  all’inchiesta di Rossano, condotta su disposizione della magistratura dai finanzieri del capitano Giovanni D’Acunto, un importantissimo tassello nel quadro generale di una situazione davvero allarmante.

Dietro alle tre cooperative sma­scherate fino ad oggi, la “San Francesco”, la “Eurosibaris” e la “Meridionale”  c’era infatti l’ombra, attraverso prestanome o persone che sarebbero risultate del tutto ignare di essere state usate come copertura, di tre famiglie legate a uomini della ’ndrangheta.

Da quanto finora emerso, nella maggioranza dei casi, era tutto falso: dai poderi alle coltivazioni, dai certificati catastali ai timbri e a tutti i documenti dei vari uffici. E quando un cam­po di pomodori o di meloni da raccogliere c’era sul serio, le cooperative ci mandavano gli immigrati pagati in nero e senza alcuna tutela previdenziale e sindacale, non i (falsi) braccianti iscritti all’Inps.

Quanto siano riusciti a sottrarre alle casse dell’Istituto attraverso questo sistema non è ancora certo, ma secondo il direttore del Quotidiano di Calabria, Matteo Cosenza, si parlerebbe di «circa centomila certificati di malattia», di migliaia di persone coinvolte e di «somme stratosferiche per l’Inps: me­diamente 4-5 milioni di euro a cooperati­va».

Cosa ancor più grave, la decisione dell’Inps di non erogare più soldi ai soci delle finte cooperative fino alla chiusura delle indagini è stata accolta nella Sibaritide con una rabbia tale da far scoppiare focolai di rivolta. Blocchi stradali e minacce alla signora Cassiano, ma soprattutto pesanti condanne da parte del mondo politico. Come nel caso di Antonio Caravetta (Udc), consigliere comunale a Corigliano che per commentare l’accaduto ha subito emesso un comunicato in cui condannava «l’arrogan­za e l’insensibilità nei confronti dei tanti la­voratori agricoli della Piana di Sibari».