Dalla “cripto-checca” di Vendola al “pennarolo” di Belli: tutti i modi per dire gay e pene

Pubblicato il 9 Novembre 2010 - 11:37 OLTRE 6 MESI FA

Gay, criptochecca, invertito, poi ancora buzzarone e pederasta : è l’8 novembre 2010, Nichi Vendola elenca a “Vieni via con me” i 27 modi per definire un omosessuale. Cazzo, nerbo, tortore, pennarolo e ancora cavicchio, canaletto, e cchiavistello: è il 6 dicembre 1812, è Giuseppe Gioacchino Belli nel sonetto “Er padre de li santi”.

Se uno, governatore della Puglia,  sfrutta il teleschermo per parlare di gay da leader di Sinistra, ecologia e libertà, l’altro duecento anni prima usa la poesia e il vernacolo romanesco per raccontare la voce del popolo della Roma del XIX secolo.

Elenchi diversi, modi di dire strappati alla strada: entrambi rappresentano un pezzo di linguaggio comune. Vendola cita anche le possibili espiazioni dell’omosessualità: da ”evirato” a ”deportato nei lager e nei gulag”, da ”confinato” a ”ricoverato in manicomio” e ”stuprato per punizione”. Belli chiama in causa i nomi più tecnici: “E tte lasscio perzino Ch’er mi’ dottore lo chiama cotale, Fallo, asta, verga, e mmembro naturale”.