Veronica Panarello, confessione: “Mio suocero mi minacciava”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 25 Febbraio 2016 - 12:30 OLTRE 6 MESI FA
Veronica Panarello (foto Ansa)

Veronica Panarello (foto Ansa)

CATANIA – “Voglio raccontare tutta la verità, non lo copro più” ha urlato Veronica Panarello prima di rivelare tutto ad una psicologa della sezione femminile del carcere di Catania. E’ il 25 gennaio. “Dottoressa sono felice che ci sia lei oggi… mi ricordo di lei… lei mi deve aiutare… io ho un peso nel petto e voglio liberarmi… voglio raccontarle la verità”: inizia così la confessione di Veronica Panarello. Confessione riportata da LaSicilia.it.

Non ho ucciso io Loris, è stato mio suocero Andrea” dice Veronica Panarello. E ancora: “Dottoressa, io a mio figlio l’ho trovato già morto, ero andata a buttare la spazzatura e quando sono rientrata l’ho trovato a terra. Ho provato a rianimarlo, ma ormai…”.

Accuse rigettate poi dal suocero. Secondo Andrea Stival l’ultima versione fornita da Veronica Panarello circa la morte del figlio Loris è solo una vendetta crudele contro la sua famiglia. “Quella mattina siamo usciti da casa alle 10,30, io e la mia compagna”, ha detto Andrea Stival. “Ci siamo diretti in piazza, abbiamo preso un caffè, poi siamo andati in farmacia e in una tabaccheria a comprare le sigarette. Successivamente ci siamo recati a Punta Secca. L’accusa contro di me è una cosa fuori dal mondo…Io uscivo pazzo per mio nipote, il piccolo angelo. Ora c’è bisogno di pace e di giustizia, mi sento rivoltato nell’anima, infangare l’amore di un nonno…”.

 

 

Ma Veronica Panarello con la psicologa è un fiume in piena: “Mi ha detto lui tutto quello che dovevo fare e di tenere la bocca chiusa, se no anche l’altro piccolo…”. E ancora: “Mi ha detto Andrea di farmi trovare lì al canalone… lo ha messo lui in macchina (torna il singolare, ndr)… io l’ho solo sistemato e buttato giù”.

Il rapporto con il suocero.

A questo punto la psicologa affronta l’argomento più delicato: il rapporto di Veronica con il suocero. Lei risponde che «prima era buono, normale, premuroso», ma poi le cose cambiano. «Era diventato negli ultimi sei mesi assillante… pesante». E lancia l’esca alla sua interlocutrice: «Lui aveva attenzioni strane per Loris, ma io gli ho detto: prendi me, ma a lui non lo lasciare». Quasi a sottintendere quello che poi esplicita: «Da sei mesi avevo frequenti rapporti sessuali con mio suocero quando i bambini sono fuori casa». Per poi precisare: «Non ero consenziente, lo facevo solo per proteggere i miei figli… questo era il patto». Dice di «sentirsi sporca», durante la prima doccia dopo l’accaduto «mi strofinavo così forte la pelle da volerla staccare», perché «mi sentivo sporca dentro e fuori». Ma perché non ha chiesto aiuto, perché non ha detto niente a nessuno? «Lui mi minacciava»: la «stessa fine l’avrebbe fatta» l’altro figlio. E a testimonianza di un “patto” fra lei e Andrea Stival rivela alla psicologa di un vaglia ricevuto in carcere dal suocero: «soldi e lettera», ovvero «un segnale per me che stavo facendo bene a non parlare e che quindi meritavo una ricompensa».

L’occultamento del cadavere.

Veronica tira maliziosamente in ballo Orazio Fidone, il cosiddetto “cacciatore”, il pensionato di Santa Croce che trovò il corpo di Loris al canalone poco dopo aver cominciato le ricerche: «Conosceva Loris – racconta alla psicologa – perché mio suocero Andrea l’aveva portato con sé quando andò a casa del cacciatore per fargli dei lavori idraulici». La confidenza continua con toni più acuti: «Mi ha tolto la cosa più preziosa che avevo. Io ho sbagliato, ho mentito, ma ho avuto paura. Devo pagare per quello che è successo, ma non ho ucciso io Loris, merita giustizia». Il pensiero torna al fratellino: «Lui deve stargli lontano, ho cercato di far capire qualcosa a mio marito dicendogli che doveva chiuderlo dentro un cerchio e allontanare suo padre. Ora so che l’ha fatto: sono contenta che stia con Davide e la zia». Ricostruisce, infine, il momento in cui avrebbe avuto la “visione” della verità: nella visita sulla tomba di Loris, lo scorso agosto: «Ho ricordato dello zainetto, tutto mi è apparso più chiaro… ».

La confessione dura poco più di un’ora: dalle 11,15 alle 12,20. Poi comincia la somministrazione dei test. Veronica e la psicologa Ullo resteranno da sole fino alle 17,45 «con più pause a causa della stanchezza della signora». Ma il messaggio, la madre accusata dell’infanticidio, l’ha già lanciato. E a raccoglierlo, prima ancora che gli inquirenti, è il suo legale, Franco Villardita. Che, autorizzato a un colloquio straordinario in carcere, arriva nel tardo pomeriggio dello stesso 25 gennaio. Il faccia a faccia con Veronica durerà fino a mezzanotte.