Veronica Panarello: “Quando mio marito non c’era…”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 25 Febbraio 2016 - 12:40 OLTRE 6 MESI FA
Veronica Panarello

Veronica Panarello

CATANIA – Prima la confessione alla psicologa del carcere femminile di Catania (“Loris lo ha ucciso mio suocero, Andrea Stival….”), poi Veronica Panarello, il 29 gennaio, al pm conferma le sue dichiarazioni. Accuse rigettate poi dal suocero. Secondo Andrea Stival l’ultima versione fornita da Veronica Panarello circa la morte del figlio Loris è solo una vendetta crudele contro la sua famiglia. “Quella mattina siamo usciti da casa alle 10,30, io e la mia compagna”, ha detto Andrea Stival. “Ci siamo diretti in piazza, abbiamo preso un caffè, poi siamo andati in farmacia e in una tabaccheria a comprare le sigarette. Successivamente ci siamo recati a Punta Secca. L’accusa contro di me è una cosa fuori dal mondo…Io uscivo pazzo per mio nipote, il piccolo angelo. Ora c’è bisogno di pace e di giustizia, mi sento rivoltato nell’anima, infangare l’amore di un nonno…”.

Ecco le dichiarazioni di Veronica Panarello al pm, riportate dal sito LaSicilia.it.

 

Veronica sembra confusa. Dà segni di nervosismo, trema. E non riconosce nemmeno le persone che ha davanti. Identifica l’avvocato Villardita come «Franco Di Gerolamo, un amico di mio padre». La giovane assistente del legale, Mariangela Russo, diventa «Mary Angel». A tratti la mamma di Loris canticchia la canzone Ti regalerò una rosa di Simone Cristicchi (il testo parla di malattia mentale e solitudine di un recluso in ospedale psichiatrico). Quando le chiedono dov’è, lei risponde di trovarsi «in ospedale», perché «qualcuno mi accusato di aver raccolto delle arance in un terreno». Oltre che del luogo, la donna dimostra di non avere contezza della dimensione del tempo: «Oggi è il 19 novembre e fra due giorni Davide mi verrà a prendere per festeggiare il nostro anniversario di nozze», sostiene.

«Con Andrea rapporti sessuali consenzienti»

Ma l’atteggiamento della donna cambia quando le fanno il nome di Andrea Stival, che viene indicato «come persona cattiva che frequenta la sua casa per prendere il posto del marito Davide quando questi è fuori per motivi di lavoro», si legge nel verbale d’interrogatorio. E poi viene al (quasi) dunque: «Quando mio marito non c’è e i bambini sono a scuola», il suocero, «che io accudisco», manifesta «attenzioni sessuali nei miei confronti». Il pm e gli investigatori la lasciano parlare in libertà, senza pressare più di tanto. Veronica, dopo qualche minuto di digressioni varie, ammette: «Abbiamo una relazione, ma ho paura che Davide lo sappia». Lei si definisce «consenziente ai rapporti sessuali» e aggiunge di «aver ricevuto pressioni da Andrea» affinché «non rivelasse a nessuno di tale relazione» temendo «il discredito sociale per tutta la famiglia». Ma fino a dove? «Fino al punto di affermare che avrebbe fatto qualcosa, ritengo di male» a Loris e al fratellino.

«Non vi conosco, voi chi siete? Loris sta bene»

Veronica continua a dare segni di instabilità. Pertanto il pm Rota autorizza l’avvocato Villardita a «colloquiare liberamente con la detenuta, mostrando alla stessa maggiore tranquillità». Il magistrato chiede a Veronica di Loris. «È a scuola, è in buona salute», risponde lei. Che, subito dopo, su precisa sollecitazione a riconoscere tutte le persone dentro quella stanza del carcere di piazza Lanza, riserva l’ennesima sorpresa: «Non vi conosco. Non so chi siete. Non vi ho mai visti». E dire che davanti a lei, fra le persone che l’interrogano assieme al pm Rota – oltre al comandante provinciale dei carabinieri di Ragusa, Domenico Spadaro, c’è il capo della Mobile iblea, Nino Ciavola. Lo «sbirro» che Veronica, come si evince da numerose intercettazioni, odia perché pensa che è stato lui a incastrarla. Ma lo rispetta pure: in ogni momento-chiave di questa storia, dal 29 novembre del 2014 a oggi, ha voluto sempre il poliziotto accanto a sé. Tavolta i due sguardi si incrociano. Ma lei guarda fisso nel vuoto.

«Questo cavo Usb non mi piace, è pericoloso»

Ce n’è abbastanza per interrompere l’interrogatorio. Alle 12,57 si chiude il verbale. E si spegne la telecamera che ha ripreso le quasi due ore di “spettacolo”. Ma c’è ancora il tempo per l’ultimo coupe de théâtre. Mentre sta per uscire, Veronica «manifesta agitazione alla vista di un cavetto Usb», lo stesso citato nel precedente colloquio in carcere con la psicologa come nuova arma del delitto che avrebbe usato il suocero per strangolare Loris. Fermi tutti. Manca la scena finale. Si riprende la registrazione. «Signora Panarello, perché è così agitata? », chiedono alla stessa donna che poco prima aveva cantato il brano di Cristicchi sui pazzi e aveva detto che suo figlio sta bene. Lei, senza fare una grinza risponde: «Questo cavetto non mi piace, può essere pericoloso… Ma adesso lasciatemi in pace. Voglio andare via». E così sia. Sono le 13,06 quando la detenuta Panarello torna nella sua cella.