Attentati Parigi, i perché: dubbi, fallimenti, ripensamenti

di redazione Blitz
Pubblicato il 17 Novembre 2015 - 15:36 OLTRE 6 MESI FA
Attentati Parigi, i perché: dubbi, fallimenti, ripensamenti

Abdelamid Abaaoud, la mente degli attacchi

PARIGI – Perché l’ottavo uomo, Salah Abdeslam, ancora latitante, è l’unico sopravvissuto del commando di terroristi che ha dato l’assalto a Parigi? C’è stato un ripensamento dell’ultimo minuto? E perché i kamikaze hanno fallito l’attacco allo Stade de France? Le indagini sugli attentati di Parigi procedono spedite ma restano ancora diversi dubbi e nodi da chiarire. Guido Olimpio sul Corriere della Sera tenta ancora una volta di ricomporre il puzzle sui dettagli sinora emersi.

COMMANDO OPERATIVO – Il commando operativo, quello cioè che è entrato in azione nei quattro diversi attacchi, era composto da otto persone. Di questi cinque sono stati identificati, quattro sono morti, uno è in fuga. Si tratta di Salah Abdeslam, di 26 anni, nato a Bruxelles ma con cittadinanza francese. Si crede sia stato lui a noleggiare la Polo nera in Belgio che è stata ritrovata presso il teatro Bataclan. Resta il giallo attorno alla sua precipitosa fuga da Parigi. Potrebbe essere stata improvvisata e non preventivamente organizzata. Perché? Quale doveva essere il programma quella sera? Perché Salah non è sceso dalla sua auto quella sera insieme agli altri due del suo commando per seminare pallottole e morte tra i bistrot di Parigi? E poi c’è il mistero di Ahmad al Mohammad, il presunto siriano che sarebbe arrivato mescolandosi ai profughi attraverso la Grecia. C’è un riscontro dalle impronte, ma nessuna risposta definitiva. Faceva parte della squadra Stadio, ma non è riuscito ad entrare, si è fatto esplodere all’esterno. Per le autorità comunque è possibile che il network fosse in realtà formato da una ventina di persone: otto attentatori e altri complici, artificieri e facilitatori, che li hanno aiutati nella missione.

ABDELHAMID ABAAOUD, LA MENTE – Abdelhamid Abaaoud, belga, membro Isis a Raqqa, Siria. Sarebbe lui il “cervello” degli attacchi. Viveva a Molenbeek, a Bruxelles, ed era considerato membro della cellula di Verviers, in Belgio, prima della fuga in Siria. E’ considerato il principale reclutatore della jihad in Europa. Controlla altri gruppi in Europa? Esiste

KAMIKAZE ALLO STADIO – Il dato visibile anche a occhi inesperti è che i killer hanno agito scegliendo bersagli indifesi. E infatti hanno sterminato dozzine di innocenti nei bar e nel teatro. Hanno invece fallito contro l’unico bersaglio protetto: lo stadio. Non sono riusciti ad entrare, forse per una cattiva pianificazione? Cosa non ha funzionato? Sono stati rallentati dai controlli all’esterno? Eppure nei giorni precedenti all’attacco i mujaheddin si sono comportati come guerriglieri infiltrati nel campo nemico riuscendo a sfuggire ai controlli nonostante alcuni di loro fossero ben noti alle autorità ed uno segnalato un paio di volte dai turchi. Inoltre sembra che le loro cinture esplosive non fossero particolarmente sofisticate e potenti. Insomma, nel luogo in cui avrebbero potuto infliggere l’offesa più tragica sembra che il piano sia fallito.

COMUNICAZIONE – Come comunicavano tra loro i terroristi? L’intelligence americana sostiene di aver intercettato alcuni contatti tra la cellula e i referenti Isis in Siria. Mentre gli investigatori francesi spiegano che i jihadisti hanno protetto le loro comunicazioni con sistemi criptati. Dal Belgio giunge poi notizia che potrebbero aver comunicato tramite Playstation. E durante gli attacchi? Parlavano tra loro? Avevano dei telefonini o ricetrasmittenti?

ARMI E AUTO – L’inchiesta parla di un piano ideato in Siria, di vetture noleggiate in Belgio, di spostamenti, di possibili nascondigli, uno in un sobborgo di Parigi. La scelta del Belgio come ponte per attacchi da condurre in paesi vicini è un’ipotesi più che plausibile. Il territorio belga ha una tradizione di presenza islamista radicale, è ben collegato al resto d’Europa, ha fornito allo Stato Islamico centinaia di volontari. E’ il luogo ideale per la pianificazione e l’acquisto di armi grazie al mercato nero. “É anche vero – annota Guido Olimpio – che in Francia non è complicato acquistare fucili d’assalto attraverso il mondo criminale. A Marsiglia la mala regola i conti con i Kalashnikov. Quanto all’esplosivo lo si produce letteralmente in casa con prodotti chimici reperibili in un supermercato”.