Israele, la vita a Gaza vista dai palestinesi: il cibo c’è, è il futuro che manca

Pubblicato il 14 Luglio 2010 - 11:44 OLTRE 6 MESI FA

Bambini giocano a Gaza

Le donne che incontri a Gaza hanno quasi tutte lo stesso sguardo spento. Si aggirano in casa o per le strade come se non avessero meta. Cosa potrebbero fare? Cucinare o occuparsi della casa è impossibile: senza acqua e elettricità a causa del blocco israeliano le attività quotidiane sono drasticamente ridotte. I loro mariti spesso sono disoccupati e si arrovellano tutto il giorno sullo stesso pensiero: che prospettiva avere per il futuro? I figli, e qui a Gaza sono tanti, non vanno a scuola e quando tra qualche anno saranno cresciuti, rischiano di fare la stessa vita che fanno oggi i loro genitori.

L’inviato dell’International Herald Tribune ha girato per Gaza e ha incontrato queste persone. Ha conosciuto Jamalat Wadi, 28 anni ma dimostra almeno 15 di più: 8 figli, un marito disoccupato che prende sedativi per combattere la disperazione. Il giornalista incontra Jamalat e altre 8 donne in una clinica che cura i disturbi mentali: “I nostri mariti non lavorano, i figli non vanno a scuola, io sono nervosa, sgrido i bambini, litigo con mio marito e piango. Lui mi ripete: ‘Cosa posso fare?'”.

I Palestinesi di Gaza vivono questa disperazione da generazioni: la maggior parte di loro discende dai rifugiati della guerra del 1948, quella da cui nacque lo Stato di Israele. Costretti a vivere in una striscia di territorio che gli è stata concessa, i palestinesi ora fanno i conti con un ulteriore problema: il blocco deciso da Israele e Egitto tre anni fa che li ha di fatto rinchiusi in un ghetto e ha stroncato l’economia locale.

Il probelma non è il cibo: quello non manca, ma la totale assenza di prospettiva, di avere una vita normale, di tornare a fare progetti. Il nodo principale è sempre lo stesso: il rapporto con Israele. Le parole di Abdel Qader Ismail, un impiegato di Gaza, sono condivise da molti qui: “Noi crediamo nel diritto a esistere di Israele, ma non in Palestina. In Francia o in Russia, non in Palestina. Questa è casa nostra”.