Cina. Muore dopo dodici ore di lavoro al giorno per un mese

Pubblicato il 17 Aprile 2014 - 19:27 OLTRE 6 MESI FA
Lavoratori cinesi

Lavoratori cinesi

CINA, SHANGHAI – Trentuno giorni di lavoro in un mese e 190 ore di straordinario sono stati fatali, tanto da portarlo alla morte, ad un giovane ingegnere di 33 anni originario della provincia cinese del Jianxi ma che lavorava in una azienda del Guangdong, nel sud del Paese. Liu, secondo chi lo frequentava e la sua famiglia, era un ragazzo modello: non beveva non fumava, non aveva svaghi se non il lavoro. E’ per questo che la sua morte, scoperta lo scorso 9 aprile da alcuni colleghi che, non vedendolo arrivare per un paio di giorni in ufficio, si sono insospettiti e sono andati a casa sua, viene legata dalla sua famiglia al troppo lavoro, allo stress accumulato.

Per tutto l’anno scorso, aveva cominciato a marzo, il giovane non aveva preso una sola vacanza in più rispetto ai pochissimi giorni di chiusura della fabbrica, non usufruendo neanche dei congedi dovuti. Lavorava dodici ore al giorno: dalle otto del mattino alle 21.30, concedendosi mezz’ora per pranzare e altrettante per cenare, le uniche due pause dal lavoro. Solo nel mese scorso ha sommato 31 giorni di lavoro, neanche un giorno festivo a settimana e ben 190 ore di straordinario, come si evince dal registro delle presenze della Derchun Industries, l’azienda presso la quale lavorava.

Azienda che si è giustificata dicendo che è stata una scelta dell’ingegnere di lavorare tanto e di fare anche gli straordinari, per i quali sarebbe stato poi pagato. Tuttavia, la famiglia del giovane vuole vederci chiaro e denuncia le forti pressioni sul giovane e i suoi colleghi. Liu è soltanto uno degli oltre 600.000 lavoratori cinesi, stime pubblicate un paio di anni fa dalla stampa, che muoiono ogni anno per troppo lavoro.

Situazioni sociali come l’aumento dei costi della vita, l’arrivismo sociale e le pressioni familiari legate anche alla legge del figlio unico (divenuta l’unica fonte di sussistenza per i genitori che non lavorano più), la voglia di fare soldi e di realizzarsi, hanno fatto diventare la Cina, secondo una indagine del sito di consulenza aziendale cinese Iheima, il primo paese al mondo per le morti sul lavoro.

Il Giappone, quello che prima era il regno del “karoshi”, la morte da troppo lavoro, è stato oramai superato dalla Cina in questa macabra classifica. Lo scorso dicembre, un ragazzino di 15 anni morì per troppo lavoro alla catena di montaggio degli iPhone, mentre a giugno dell’anno scorso un impiegato di 24 anni morì a Pechino sul luogo dove lavorava.